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giovedì 5 dicembre 2013

Hollywood Chewing Gum - Tim Burton - Director's Ads


Chi seguisse il blog da un po' di tempo si sarà reso conto che uno dei miei registi favoriti è Tim Burton, di cui apprezzo in particolare due cose: l'estetica fumettistica e l'attenzione verso l'emarginazione sociale.
Queste due cose di certo non mancano a questo commercial girato dal fantasioso autore per una marca  francese di chewing gum, in cui il protagonista è un nano da giardino "risvegliato" dalla freschezza di una gomma da masticare, che decide di andarsene all'avventura in giro per il mondo fino a scovare un laghetto incantato...

Lo spot è girato nel 1998, quindi fra Mars Attacks! e Il mistero di Sleepy Hollow e ben sette anni prima di La fabbrica di cioccolato, in cui verranno magistralmente ripresi i temi dei dolciumi e anche dei nani, se gli Umpa Lumpa non si offendono.

Tuttavia, ci troviamo "solo"tre anni prima de Il favoloso mondo di Amelie e vi confesso che mi piacerebbe molto chiedere a Jean-Pierre Jeunet se per caso l'idea del nano da giardino "viaggiatore" ha un qualche debito con questa pubblicità.

Chissà se avrò mai l'occasione di farlo...nel frattempo mi godo il video!


1998 - Fraicheur de vivre
Prodotto: Hollywood chewing gum
Regia: Tim Burton

venerdì 25 gennaio 2013

Frankenweenie 2012 - Ci sarà


Frankenweenie richiama - anche nel nome - il cortometraggio girato da Tim Burton nel 1984. Come da lui stesso dichiarato in tempi non sospetti (ai fan consiglio il volume Burton on Burton, molto interessante per capire l'uomo oltre che l'artista), l'opera originale avrebbe anche potuto essere un lungometraggio, se solo la Disney ci avesse creduto un po' di più; il film - uscito di recente in Italia - rappresenta quindi la pellicola che Burton avrebbe fatto se avesse potuto.
L'etica e l'estetica sono tipicamente burtoniane, con il bianco e nero, il ragazzo talentuoso ma vagamente disadattato che - guardacaso - ha la passione per il cinema, un professore di scienze con le sembianze di Vincent Price, i suburbi sono abitati da persone perbene che però hanno il vizio di saltare alle conclusioni e lasciarsi trasportare un po' troppo dal "non si deve non si fa" (in tempi elettorali...occhio gente...). 
Non c'è dubbio che il film sia tecnicamente perfetto ed abbia richiesto uno sforzo straordinario: diversi anni di lavorazione con il coinvolgimento di una troupe sterminata composta da più di cento artisti solo per l'animazione dei pupazzi, che sono filmati in bianco e nero, animazione a passo uno ed in 3D (poco incisivo).


Frankenweenie è la storia, piena di divertenti rimandi e citazioni ai classici del cinema gotico, di Victor Frankenstein, un eccentrico ragazzino che ama sconfinatamente il suo cane Sparky. Quando questo muore in conseguenza di un'incidente, Victor lo riporta in vita utilizzando l'energia dei fulmini durante un temporale. I tentativi di mantenere segreto il successo dell'esperimento di rianimazione ovviamente non riescono ed i compagni di scuola di Victor, tutti impegnati in una gara di Scienze indetta dal professor Rzykruski (una sorta di versione dark del John Keating de L'attimo fuggente), tentano di copiare l'esperimento dando però vita ad un'invasione di mostri (che richiamano godzilla ed i gremlins), mentre la popolazione di benpensanti della cittadina di New Holland dà la caccia al povero Sparky.
Una volta sconfitti i mostri, il piccolo Victor si trova in pericolo in un mulino incendiato: per fortuna l'inseparabile cagnolino lo salva. A prezzo della vita?


Se nel 1984 la critica sociale e l'innovativa estetica di Burton (quelle incredibili casette con anche l'arredamento color pastello di Edward mani di forbice...) risultavano corrosive, dopo trent'anni hanno perso un po' mordente. Si trattava di tempi diversi: erano gli anni del riflusso, che non è una cosa schifosa che succede nell'esofago, ma il periodo storico in cui i giovani si sono stufarono del pauperismo degli anni 70 e da hippie divennero yuppie. Il 1984, per esempio, è stato l'anno in cui a Sanremo Al Bano e Romina spopolavano con Ci Sarà, un Maradona ventiquattrenne stava trasferendosi al Napoli ed al cinema guardavamo il primo Karate KidIl grande freddoFootloose e Greystoke la leggenda di Tarzan o, i più intellettuali, Paris, Texas di Wenders. Fabrizio Corona esisteva già, ma era impegnato a prendere la licenza elementare e per tutti quanti era solo il moccioso figlio di un grande giornalista direttore di King, un giornale di moda e gossip che comprava mia sorella su cui sbirciavo modelle ed attrici che nonostante capigliature cotonate, spalline improbabili e camicette con pois enormi sarebbero di lì a poco meritatamente assurte a paradigmi di bellezza nei successivi venti anni.


Il corto originale del 1984

Torniamo nel 2013: questa versione di Frankenweenie sa un po' di dejà vu, non ha da mostrarci nulla che non si sia già visto in qualcuno dei sedici film che l'hanno preceduto. Il film è divertente, poetico e dura il giusto ma mi sento di consigliarlo più a chi si accosta per la prima volte al cinema di Burton che ai suoi numerosi fans.
La speranza e l'augurio che mi sento di fare (dal mio piccolissimo) al regista è che, una volta messo questo punto e a capo nella sua filmografia, riesca a ripartire con una freschezza che da La sposa cadavere in poi è mancata un po' troppo spesso. Le capacità ci sono da sempre,  la passione pure da prima, mi sento autorizzato ad attendere un prossimo titolo spiazzante, complesso, entusiasmante e pieno di energia, tutte le qualità che da un quarto di secolo in qua hanno reso Burton uno dei registi più amati e non solo da me.



2012 - Frankenweenie
Regia: Tim Burton
Sceneggiatura: John August
Musiche: Danny Elfman
Montaggio: Chris Lebenzon, Mark Solomon
Fotografia: Peter Sorg
Scenografia: Rick Heinrichs


mercoledì 9 gennaio 2013

Here with me - Ceci n'est pas un film


Nell'attesa dell'ormai imminente Frankenweenie lungometraggio, Tim Burton torna a lavorare con i Killers realizzando il video del loro nuovo singolo Here With Me.

Se nel primo lavoro Bones, Burton si era divertito a giocare con gli scheletri in questo realizza un vero e proprio corto rispolverando un altro dei suoi temi favoriti: l'amore (apparentemente) impossibile fra un adolescente dall'aria un po' troppo pallida ed una irraggiungibile celebrità. 
Il giovanotto, ossessionato dalla diva, ne ruba una riproduzione di cera a grandezza naturale e, dopo averla portata un po' al mare e a ballare le offre una cena a lume di candela tanto romantica quanto inconsueta.

Nel frattempo i Killers si esibiscono in un teatro suonanodo questa canzone strappalacrime sul rimpianto di un uomo dopo la fine di un amore.


Il video è stato girato in Inghilterra a Blackpool, località di svaghi balneari e città natale di Robert Smith dei Cure (sarà solo un caso o il genere gotico è connaturato con quel luogo?), ed ha per protagonisti il Giovane Craig Roberts (Jane Eyre) ed una delle muse più intramontabili di Burton: la deliziosa Wynona Rider.
Il video - manco a dirlo - è meraviglioso, ed oltre all'universo burtoniano a mio avviso pesca qualcosa anche dal cult movie Harold e Maude per la  caratterizzazione del ragazzo.

Notate (nella foto sopra) i fantastici divanetti a forma di autoscontro nel diners dove lui vedeWynona in tutti i personaggi.
Il primo video è un "dietro le quinte", dove si vede quanto si divertono gli attori ed il regista, il video sotto è il risultato finale.
Se Burton in questo periodo è in palla così, Frankenweenie riconcilierà i fans vecchi nuovi con l'autore americano (che con Alice sembrava aver perso qualche colpo).




2012 - Here with me
Artista: The Killers
Regia: Tim Burton
Album: Battle born




venerdì 21 dicembre 2012

Bones - Ceci n'est pas un film


Come i più assidui lettori ormai sapranno non perdo occasione per ribadire la mia ammirazione per Tim Burton, uno dei registi più originali e creativi di sempre.

Nel 2006 i Killers fecero uscire il loro secondo album Sam's town (un momento delicato per tutte le band che hanno fatto un grosso successo con il primo); per il video del secondo singolo estratto, Bones, si affidarono a Tim Burton. La collaborazione (che è continuata con il recentissimo video di Here with me con Winona Rider, di cui riparleremo presto) è particolarmente azzeccata dal punto di vista artistico. Trovo che l'universo burtoniano si sposi particolarmente bene con le atmosfere un po' anni 80 dei Killers, i cui testi peraltro sono a volte parecchio inquietanti, ad ascoltarli con attenzione.

Il video di Bones è un vero e proprio attestato di amore per il cinema, vi compere una giovane coppia - lei è la superstilosa modella Devon Aoki - in un cinema drive in (scene girate in un vero Drive In di Las Vegas), intenta a guardare un film. Sullo schermo vengono di volta in volta proiettate scene di film di culto come Lolita, La creatura della laguna nera e Gli argonauti (con gli effetti speciali di Harryhausen, uno dei miti ispiratori di Burton). 
La giovane coppia viene poi mostrata su una spiaggia (citazioni da 10 e  Da qui all'eternità), dove quando iniziano a togliersi i vestiti rimangono solo gli scheletri, che nuotano, si amano e si corrono romanticamente incontro.
In un continuo cambio di piano narrativo i personaggi in azione e quelli sullo schermo sono di volta in volta i Killers stessi che  suonano, la nostra coppia di innamorati e scene tratte da film. 

La visione di Burton aggiunge ancora qualcosa al senso della canzone: i due innamorati quando sono insieme sono nudi fino all'osso, senza alcun tipo di filtro. Una visione romantica che passa attraverso un immaginario che potremmo definire horror, insomma una poetica ed una estetica tipicamente burtoniane.

La canzone già di suo è bella, il video lo trovo molto autoriale e perfettamente aderente allo scopo, in una parola: superlativo!






2006 - Bones
Artista: The Killers
Regia: Tim Burton
Album: Sam's town



venerdì 18 maggio 2012

Dark Shadows - ritratto di famiglia con vampiro



Dopo il per molti versi deludente Alice in Wonderland ero molto nervoso all'idea di andare a vedere l'ultima fatica di Tim Burton, Dark Shadows. Il progetto in sè sembra rischioso: la pellicola è ispirata ad una serie TV (credo) mai sbarcata in Italia, il protagonista è un Johnny Depp per l'ennesima volta truccatissimo, la presenza di Helena Bonham Carter  fa tanto moglie del regista "raccomandata". Insomma ce n'è più che abbastanza per mandare tutto in vacca, e invece ancora una volta Burton si conferma un regista hors categorie. Nonostante l'abbia visto in una serata di grande sonno con alle spalle il week end più faticoso dell'anno, sono rimasto incollato alla poltrona senza perdermi un solo attimo del film.


Intendiamoci, non siamo ai livelli di follia pura di Mars attacks! nè alle vette di lirismo di Big fish e neppure alla visonarietà di La fabbrica del cioccolato: quello di Dark Shadows è un Burton forse meno eccessivo, però più maturo (del resto alla soglia dei 55, si suppone che lo sia, maturo). Nessuno come lui si è dimostrato capace di avanzare una critica così aspra del conformismo sociale, al ribaltamento dei valori. Nessuno nè prima nè dopo di lui è stato altrettanto in grado di farci vedere il lato profondamente umano di un vorace e spietato vampiro. Nessuno, ancora, denuncia in modo così evidente le meccaniche della strumentalizzazione dell'opinone pubblica.


Gli attori mi sono piaciuti tutti: Johny Depp nel ruolo di Barnabas Collins, il vampiro che ritorna a casa dopo essere rimasto sepolto "vivo" duecento anni non gigioneggia troppo. Eva Green (già Vesper Lynd in 007 Casino Royale) non solo è molto bella, ma con tutta evidenza è anche pericolosa. In qualche modo vi trovo comunque una somiglianza fisionomica con Lisa Marie, ex moglie di Burton, fossi la Bonham carter ci penserei su... Rivedere Michelle Pfeiffer in una pellicola di serie A è semplicemente un piacere, lo stile non è acqua (forse è sangue, direbbe Barnabas). Un plauso alla scelta di Bella Heatcote, angelica nel doppio ruolo Victoria/Josette. Il ruolo della dottoressa Hoffman per Helena Bonham Carter è normale amministrazione, e lascia aperto lo spiraglio ad un sequel. Il capo dei pescatori per chi non se ne fosse accorto è il grandissimo Christopher Lee.


Il film è ambientato negli anni 70, la colonna sonora viene di conseguenza ed è semplicemente strepitosa (come strepitoso è il cameo di un immarcescibile Alice Cooper nel ruolo di se stesso).
La scenografia è evidentemente di ispirazione gotica per la vila dei Collins, mentre l'ufficio di Angelique la strega è moderno e razionalista. L'aspetto di Barnabas è un omaggio al Nosferatu di Murnau, con occhi bistrati e mani grandi e rapaci spesso incrociate sul petto o sul collo.
La cifra del film, come sempre in Burton, è fortemente ironica, eppure le scene horror sono davvero paurose.
Soli non si va da nessuna parte: il vampiro Barnabas ha il bernoccolo degli affari, eppure considera la propria famiglia come la ricchezza più grande, quella che va difesa ad ogni costo. E anche se in definitiva si scopre che persino nelle migliori famiglie ognuno ha una maledizione con cui convive, il fatto che questa venga accettata rende la famiglia un nucleo invincibile ed impermeabile alla omologazione: siamo come siamo e ci va bene così, direbbero i Collins ad un ipotetico intervistatore.
Per la ricchezza esteriore c'è sempre tempo di ricominciare, la vera forza è sapere di avere qualcuno al proprio fianco nonostante tutto.
E poi c'è l'amore, quella sorta di maleficio che quando è desiderio di possesso può mutarci in mostri e quando è rinuncia alle proprie sicurezze rende immortali. E per qualcuno, forse, entrambe le cose al tempo stesso.


venerdì 26 marzo 2010

Alice: solo chi è pazzo cambia il mondo



Lo confessiamo: siamo fan della prima ora di Tim Burton. Abbiamo amato Edward mani di forbice, riso con Mars Attacks!, ci siamo spaventati con Sleepy Hollow e con Sweeney Todd, commossi con Nightmare before Christmas e la Sposa cadavere e - dulcis in fundo -meravigliati con La fabbrica del cioccolato. Tuttavia ogni film è un nuovo esame, ed è con sottile inquietudine, anzi, con una punta di pregiudizio, che siamo andati a vedere l'ultima fatica dell'autore americano: Alice in wonderland, per l'occasione in versione 3D.
La trama segue le avventure di Alice in un mondo al tempo stesso poetico e allucinato caratterizzato dall'inquietante estetica gothic tipica di Tim Burton.
Uno dei temi ricorrenti nei suoi film è quello della ricerca/accettazione di sè in contrapposizione alla dilagante omologazione della massa. In questo il film è una conferma: Alice, soffocata dai conformismi della società, trova la propria identità attraverso un percorso personale originale e rientra nella stessa società, non più come pedina inconsapevole, ma come individuo attivo e propositivo. La trasformazione (il passaggio dall'adolescenza all'età adulta), è ben sottolineata dai costumi: Alice cambia d'abito ogni volta che le succede qualcosa, quindi spesso. Lo stile, sembra dirci Burton, non è la pedissequa applicazione della moda ma l'interpretazione che ognuno di noi ne fa.
Ci hanno deluso alcune inaspettate cadute di stile, come Alice che al rientro nel mondo di sopra fa la morale a tutti i presenti e si esibisce in una ridicola "deliranza" ma, al di là delle scene più o meno riuscite, a noi di Torino Style è parso che per decollare davvero al film manchi quel briciolo di follia in più che l'avrebbe veramente reso "migliore". 


Per quanto riguarda i costumi: belli quelli vittoriani del party "matrimoniale"; la corte della regina rossa veste in stile '400 (curatissimi i personaggi di corte), quella della regina bianca è del '600. Il cappellaio matto sembra vestito dall'esercito della salvezza; Alice, oltre alle proprie dimensioni fisiche, cambia in continuazione vestiti e scarpe, tutti belli.  
Sia ai costumi che alle scenografie, rispetto alle capacità visionarie dimostrate nei film precedenti, manca quel non so che che in occasioni precedenti ci ha strappato un "ooooh" di ammirazione.


Sugli attori, tranne i personaggi umani, tutti pesantemente truccati o realizzati direttamente in grafica:
Johnny Depp: un'occasione persa, troppo truccato (molto più che nella chocolate factory), il personaggio non è particolarmente sviluppato dalla sceneggiatura. Non giudicabile.
Helena Bonham Carter: difficile ricordare l'ultima volta che NON ha interpretato una pazza psicopatica nascosta sotto mezzo quintale di make up. Non sarebbe ora di aprirle la gabbia?
Anne Hathaway: con occhi e bocca smisurati (di natura) non stupisce che abbia colpito l'immaginario di Burton. Per noi, le manca un pizzico di autoronia che avrebbe reso la svampita regina bianca un personaggio memorabile; perde l'occasione di rubare la scena a un big come Johnny Depp.
Mia Wasikowska: la good news del film. A 20 anni scarsi riesce a dare credibilità al personaggio, ed è davvero protagonista anche se circondata da mostri sacri dello showbiz. Sarà interessante vedere che film sceglierà in futuro, per il momento... chapeau!


Una nota sul 3D. In questo caso non aggiunge e non toglie nulla all'estetica del film; è infatti poco sviluppato (il film si può praticamente vedere anche senza indossare gli occhiali), pare quasi che perda anch'esso convinzione con il procedere della trama. La lotta con il Ciciarampa avrebbe potuto essere un pezzo di storia del cinema.


Sintesi: film godibile ma non imperdibile, da Tim Burton pretendiamo di più, lo aspettiamo con fiducia alla prossima prova!