martedì 30 luglio 2013

Wolverine l'immortale


Fino a qualche anno fa il periodo fra la chiusura e la riapertura delle scuole veniva considerato "cinematograficamente depresso", al contrario degli USA dove è sempre stato uno dei periodi di più grande afflusso. Sarà forse uno degli effetti della globalizzazione ma l'estate ci ha portato quest' anno l'uscita di diversi blockbuster (Man fo steelThe Lone Ranger, Pacific Rim ma anche il più impegnativo To the wonder di Malick), fra i quali l'ultimo in ordine di tempo è Wolverine - L'immortale


Dal 2000 in qua si tratta già del sesto film dedicato all'universo degli X-Men (il settimo film Days of future past è in uscita nel 2014) ed è già il secondo dedicato espressamente al personaggio di Wolverine, da sempre interpretato da Hugh Jackman che a 45 anni sfoggia un fisico ancora straordinario.
L'idea di un film su Wolverine ambientato in Giappone e basato sulle storie scritte da Chris Claremont (il "wolverinista ufficiale" della Marvel per molti anni) era nell'aria fin dalla realizzazione di X-Men le origini - Wolverine. La sceneggiatura è opera di Christopher McQuarrie (in realtà non registrato nei credits ufficiali), a cui saremo eternamente grati per aver scritto I soliti sospetti, ma anche Operazione Valchiria e più di recente Mission impossible protocollo fantasma e Jack Reacher.
In un primo momento il regista designato era Darren Aronofsky, che abbandonò il progetto in seguito ai ritardi della lavorazione causati dallo tsunami del 2011 e alla necessità di restare troppo tempo in Giappone, lontano dalla propria famiglia. Si tratta indubbiamente di una grande occasione persa: cosa avrebbe potuto essere l'uomo con gli artigli nelle mani del regista di The wrestler e de Il cigno nero potremo soltanto immaginarlo. Resta il fatto che la direzione del film è stata infine affidata al versatile e capace James Mangold (Ragazze interrotte, Walk the Line, già con Jackman in Kate & Leopold).


Gli eventi seguono quelli raccontati in X-Men Conflitto finale: Wolverine è ancora sotto shock per aver dovuto uccidere Jean Grey/Fenice e vaga nei boschi vivendo porta a porta con i grizzlies, finchè non viene scovato da Yukio, una giapponese tanto minuta quanto letale che lo invita in giappone per dare l'ultimo saluto al signor Yashida, un ex-ufficiale dell'esercito giapponese a cui Logan ha salvato al vita durante la seconda guerra mondiale, e divenuto nel frattempo un tycoon nel campo della tecnologia. Questi si offre di "regalargli" la possibilità di divenire mortale inibendogli il fattore di guarigione. Logan si trova così al centro di un complesso intrigo per la successione al comando della multinazionale Yashida, che dovrebbe passare nelle mani della nipote di Yashida, Mariko. Inutile dire che Logan si farà strada verso la verità a colpi di artiglio, anche se questa volta gli toccherà soffrire ancor più del solito.


Per recuperare il fisico di Wolverine Hugh Jackman si è allenato per sei mesi, facendosi aiutare da Dwayne "The Rock" Johnson ma i risultati si vedono tutti: una vera forza della natura!
Famke Janssen interpreta Jean Grey, che continua a creare trambusto nei sogni di Logan; la modella Tao Okamoto esordisce sullo schermo nel ruolo di Mariko, filiforme ma dura come l'acciaio, la modella Rila Fukushima interpreta la guerriera e sensitiva Yukio, autonominatasi "guardia del corpo" di Wolverine. Nella parte dell'ambiguissimo Yashida troviamo il giapponese naturalizzato italiano Haruhiko Yamanouchi (una carriera quasi tutta in italia con Celentano, Salvatores, Bozzetto, Genovese, Pieraccioni); infine la mutante Viper - capace di resistere a qualsiasi veleno conosciuto e di rinnovare la propria pelle sfilandosela quando necessario è interpretata dalla attraente Svetlana Khodchenkova, già vista in La talpa.


Anche se non al livello di X-Men 2, che a mio avviso rimane il film più riuscito di tutto il franchise, l'opera di Mangold è fatta piuttosto bene: l'ambientazione orientale regala un tocco di esotismo che non guasta e la pellicola mantiene un buon equilibrio fra le scene d'azione (esaltante quella sul tetto del treno ad alta velocità in corsa) e le parti in cui Wolverine è più in difficoltà a causa della perdita del fattore rigenerante. Gli attori interpretano le proprie parti caricandole al punto giusto per mantenere il necessario registro fumettistico. Stupenda la scena in cui Wolverine "interroga" il corrotto ministro della giustizia giapponese: quello che tutti almeno una volta nella vita abbiamo sognato di fare, ma (ovviamente) in realtà non faremmo mai. Meno male che c'è Wolverine che ci pensa anche per noi!


Il film sta avendo risultati controversi al botteghino: in proporzione va meglio all'estero che in patria, ma nonostante nel primo week end di programmazione abbia raccolto meno di X-Men le origini, ha pur sempre incassato 140 milioni (worldwide) in meno di una settimana! Al di là del successo di pubblico, il film, nell'universo del cinema d'evasione, ha un livello qualitativo piuttosto elevato (come tutti i film sugli X-men fatti finora, peraltro) e rappresenta una scelta perfetta per una serata di svago estivo. Restate seduti durante i titoli di coda, la scena "extra" vale davvero la pena di aspettare due minuti invece di affrettarsi verso casa!

2013 - Wolverine - L'immortale (The Wolverine)
Regia: James Mangold
Sceneggiatura: Christopher McQuarrie, Mark Bomback, Scott Frank
Fotografia: Ross Emery
Musiche: Marco Beltrami
Costumi: Isis Mussenden


mercoledì 24 luglio 2013

Il cervello da un miliardo di dollari - Almost Bond /3


La saga di Harry Palmer, l'antieroe agente segreto interpretato da Michael Caine, giunge alla sua terza puntata in tre anni (1965-1967).
Harry Saltzman, ancora socio della EON di Albert Broccoli nella realizzazione del franchise di 007, ritaglia per sè e per parte della crew impiegata nei film di James Bond un business alternativo "di qualità" grazie ad un antieroe per molti versi antitetico rispetto al raffinato Bond, ma altrettanto - se non ancor più - inglese.


Dopo The Ipcress file - dove impariamo a conoscere l'affilato sarcasmo e la passione per gastronomia e belle donne di Palmer - e Funeral in Berlin dove i complessi intrighi della guerra fredda lasciano sopravvivere solo i più cinici, in Il cervello da un miliardo di dollari persino la saga di Palmer vira verso una storia "à la 007". All'inizio del film ritroviamo Harry dopo le dimissioni dal MI5, impegnato a sbarcare il lunario come detective privato. In seguito ad un ingaggio ricevuto da una voce automatica per telefono Palmer si ritrova implicato in un complotto ordito da un miliardario texano con simpatie naziste, che vuole rovesciare il regime sovietico scatenando una insurrezione popolare in Lettonia, con il concreto rischio di dare inizio ad una guerra nucleare. L'imperturbabile Harry riuscirà ovviamente a trarsi d'impaccio salvando - by the way - il mondo.


Oltre a Michael Caine nel ruolo del disincantato Harry Palmer, nel film compaiono il grande Karl Malden nel ruolo dell'avido ex-agente britannico Leo Newbigen e Françoise Dorléac (sorella maggiore di Catherine Deneuve, scomparsa poco dopo le riprese del film in un incidente d'auto) in quello della bella e pericolosissima spia Anya.
Ritroviamo Oskar Homolka nei panni dell'impareggiabile colonnello Stok, un leale avversario di Palmer responsabile del controspionaggio russo. Ed Begley presta la sua faccia da cowboy di altri tempi al generale Midwinter, l'eccentrico petroliere texano che grazie ad un computer costato un miliardo di dollari vuole abbattere il comunismo.


Al contrario dei primi due capitoli, nei quali Palmer aveva a che fare con situazioni tutto sommato realistiche, con Billion dollar brain avviene una cesura piuttosto netta: tecnologia d'avanguardia (un bel product placement per la Honeywell, che prestò laboratori e il "minicomputer" Honeywell 200) , virus letali, obiettivi di dominio del mondo, eccentrici super-ricconi che invece di godersi la vita complottano per rovesciare una superpotenza sono normalmente appannaggio di quell'altro agente segreto. Certo, Palmer è sempre il "cugino sfigato", che patisce il freddo e la fame e viene sempre trattato con sufficienza, ma a ben vedere la sceneggiatura avrebbe anche potuto essere quella di un qualsiasi Thunderball, un po' riadattata. Fra l'orginale e la copia, però, il pubblico tende a preferire il primo.
Il film è sempre godibile, ma la personalità di Palmer viene un po' sacrificata sull'altare dello spettacolo: il risultato è una pellicola qualitativamente non allo stesso livello delle precedenti.


Strano a dirsi, Il cervello da un miliardo di dollari è - credo - l'unica pellicola non autoriale girata da Ken Russell (all'epoca un fresco quarantenne al suo primo lungometraggio), il quale si permette una citazione nientemeno che da Eisenstein (Alexander Nevskij) con la battaglia sul golfo di Riga ghiacciato.
Fra le comparse figura anche Donald Sutherland (io non sono riuscito ad identificarlo), che in quegli anni non aveva ancora sfondato: diventerà una star pochi anni dopo grazie al mitico MASH di Altman.

Il franchise capitanato da Saltzman si conclude con questo film, ma Harry Palmer si conferma un tipo piuttosto duro a morire: tornerà, sia pure solo per la TV, dopo ben 28 anni in Bullet to Beijing (All'inseguimento della morte rossa) e avrà ancora e sempre il volto di Michael Caine. Ne scopriremo qualcosa di più nella prossima puntata!



1966 - Il cervello da un miliardo di dollari (Billion Dollar Brain)
Regia: Ken Russell
Art Director: Bert Davey
Production designer: Syd Cain
Titles Design: Maurice Binder

giovedì 18 luglio 2013

Lola corre


Capita un po' a tutti: la vita sociale rallenta perchè amici o colleghi sono magari già in vacanza, studenti più o meno squattrinati passano luglio in città per dare gli ultimi esami o aspettando che i "vecchi" liberino la casa al mare, padri di famiglia lavorano tutta la settimana in attesa di farsi una bella coda nel week end per raggiungere moglie e figlioletti al mare. Non importa in quale età della vita vi trovate, un classico dell'estate, per chiunque sia "stuck in the city" è la serata film, che magari si protrae fino a tarda ora.


Se avete voglia di un film non molto impegnativo in attesa che il buio attenui un po' la canicola estiva, una pellicola da prendere in seria considerazione è Lola corre, di Tom Tykwer. Del regista ho già parlato in occasione dell'uscita di Cloud Atlas, Lola corre è la sua terza pellicola, quella che gli ha regalato la notorietà a livello internazionale.  Trovandosi la casa di produzione X-filme (un tentativo di autoproduzione d'autore simile, purtroppo anche negli esiti, alla Zoetrope di Coppola) in grosse difficoltà economiche per via dei bassi introiti, Tykwer in quattro e quattr'otto confezionò un progetto innovativo, accattivante e - soprattutto - a basso costo (meno di due milioni di $). Il film non incassò moltissimo in assoluto (14 milioni), ma quanto bastava per salvare la X-filme e conquistarsi una distribuzione a livello internazionale.


La storia racconta di Lola (Franka Potente, che diventarà famosa come Marie, la fidanzata di Jason Bourne), una giovane berlinese che vive alla giornata insieme al fidanzato Manni (Moritz Bleibtreu, vi ricordate il fratello carcerato del protagonista di Soul Kitchen?), piccolo deliquente alle dipendenze del temibile boss Ronnie. Manni  ha letteralmente perso una grossa somma di denaro che deve consegnare all'inflessibile capo entro venti minuti ed in mancanza di alternative rimedierà i soldi rapinando un supermercato. Lola lo supplica di non fare sciocchezze, promettendogli di risolvere lei la situazione. Centomila marchi da trovare e consegnare entro venti minuti...Lola deve correre!
Il film si sviluppa in tre episodi che si differenziano l'uno dall'altro per piccoli dettagli che finiscono però col dare luogo a risultati completamente diversi. Questo modello di sceneggiatura all'epoca dell'uscita fece accostare Lola corre a Sliding Doors; tuttavia se condividono lo spunto di sceneggiatura, lo sviluppo è completamente diverso e la "carica artistica" ancor di più.


All'uscita (1998) la critica italiana snobbò Lola scambiandolo per un videoclip spacciato da film a causa del montaggio frenetico e dell'utilizzo di musica techno (scritta dallo stesso Tykwer e in un paio di pezzi anche dalla Potente). Oggi possiamo tranquillamente dire che si trattava di una lettura molto poco lungimirante: alla prova del tempo il film ha dimostrato di avere i numeri per essere preso più che sul serio: ha vinto i suoi bravi premi ed ha dato spunto a un discreto numero di citazioni, parodie e addirittura ad un remake girato ad Hong Kong!
Tykwer spara tutte le cartucce che ha e non sono poche: oltre alla circolarità temporale degli episodi, abbiamo intermezzi in animazione (quando Lola si precipita giù per le scale di casa), una gustosissima scena in cui fa il verso ai registi di Dogma 95 utilizzando camera a mano, luce naturale e dialoghi "nordici" fra il padre di Lola (Herbert Knaup, lo ritroveremo nel cast di quel piccolo capolavoro che è Le vite degli altri) e l'amante (Nina Petri).


Per i cinefili che avessero programmato una visita a Berlino ho preparato un programma speciale: la mappa delle location delle scene più siginificative su Google Maps. Dal 1998 ad oggi la città è cambiata parecchio, non stupitevi se non riconoscerete tutti i posti a prima vista!
Spero di avervi incuriosito abbastanza; il film è divertente e dura meno di un'ora e mezza, ideale con una birra (tedesca!) gelata e i piedi appoggiati sul tavolino: quel po' di abbrutimento che non si nega a nessuno nella solitudine delle serate estive!


1998 - Lola corre (Lola Rennt)
Regia, soggetto e sceneggiatura: Tom Tykwer
Scenografia: Alexander Manasse
Costumi: Monika Jacobs
Animazione: Ralf Bohde

martedì 16 luglio 2013

Now you see me - I maghi del crimine


"Cos'è una mossa Kansas City?"
"Una mossa Kansas City è quando tutti guardano a sinistra e tu vai a destra"
Josh Hartnett e Bruce Willis in Slevin - Patto criminale 

Se in questo periodo estivo la canicola non vi lascia respiro nemmeno di sera, un ottimo modo per combatterla è andare al cinema: aria condizionata, pop-corn e un bel film di avventura, magia e colpi di scena come Now you see me di Louis Leterrier.


La trama è piuttosto accattivante: quattro illusionisti, con il nome d'arte di "I quattro cavalieri", durante i propri spettacoli sembrano "rubare" ai ricchi (banche, assicurazioni, multinazionali metallurgiche) per dare ai poveri, cioè gli spettatori dei loro show. L'FBI e l'Interpol iniziano ad indagare sui quattro cavalieri, senza tuttavia riuscire a incastrarli. L'investigatore Dylan Rhodes resta sempre un passo indietro rispetto al gruppetto degli illusionisti, e neppure l'aiuto dell'ambiguo Taddheus Bradley, una vecchia volpe del mestiere che ha fatto fortuna svelando i trucchi dei colleghi, sembra essere efficace. 


Un film davvero corale, in cui i quattro maghi compaiono relativamente poco per lasciare un po' più di spazio all'investigatore Rhodes di Mark Ruffalo, spaesato dalla atipicità dei criminali e destabilizzato (molto comprensibilmente) dall'affascinante detective dell'Interpol interpretata da Mélanie Laurent, sempre deliziosa. Michael Caine regala un paio dei suoi diabolici sorrisi nella parte di un Tycoon delle assicurazioni che sponsorizza gli spettacoli, Morgan Freeman è invece l'anziano "cacciatore di maghi" Thaddeus Bradley. Ottime scelte di casting per i "quattro cavalieri": Jesse Eisenberg è Danny Atlas, specialista delle carte, Isla Fisher dopo Il grande Gatsby trova un ruolo che la valorizza in pieno: Henley Reeves l'escapologa; Dave Franco (uno che nella vita ha la sfortuna di essere "fratello di" James)è Jack Wilder, truffatore e borseggiatore, infine il "vecchio" Woody Harrelson mette la propria esperienza al servizio del personoaggio di Merritt McKinney, ipnotista e mentalista dalle alterne fortune.


In un vicenda in cui tutto ha una doppia faccia, il nome d'arte dei quattro maghi è invece piuttosto esplicito: i quattro cavalieri, un'apocalisse in arrivo per multinazionali e avidi manager che hanno lucrato sulla crisi. Un modo geniale per ottenere il favore del pubblico, rubare ai ricchi per restituire ai poveri. Infatti l'FBI non ci si raccapezza: perché assumersi tutti i rischi del furto di svariati milioni di dollari per regalarli al pubblico? La mente che sta dietro al piano è però molto più sottile e perfida di quella di un normale ladro ma l'FBI, ed il pubblico in sala con lei, fa esattamente il contrario di quanto raccomandano i maghi: più da vicino si guarda e meno si capisce del trucco, occorre avere invece la capacità di ignorare i diversivi, identificare la big picture dietro alle mosse, astrarsi dal contesto per abbracciarne uno più grande.


Ottimo thriller che si sta guadagnando i galloni sul campo (nel primo week end ha battuto, sia pure di misura, il promossissimo e costosissimo Pacific Rim), Now you see me è intrattenimento di grande qualità con scene di azione adrenalinica al servizio di una storia che è meglio godersi dall'inizio alla fine rinunciando a tenere le fila una per una. Louis Leterrier è un regista che sa il fatto suo e non è che egli si può rinfacciare tutta la vita di aver fatto Scontro tra titani. La critica a stelle e strisce è divisa sul giudizio al film, ma il sospetto che ho è che un po' gli bruci che l'abbia fatto un francese.
Come ho scritto in apertura, è un'ottima scelta per una serata estiva al cinema, anche coi ragazzi se - come probabile - conoscono già un bel po' di parolacce.

2013 - Now you see me - I maghi del crimine (Now you see me)
Regia: Louis Leterrier
Sceneggiatura: Ed Solomon, Boaz Yakin, Edward Ricourt
Magic inspired by: David Copperfield
Mentalist consultant: Keith Barry

giovedì 11 luglio 2013

Il treno per il Darjeeling - meglio essere fratelli o amici?


Il treno per il Darjeeling è il frutto della collaborazione fra un autore originale ed inconsueto, Wes Anderson (I Tenebaum, Moonrise Kingdom per citare i più famosi), con Roman Coppola (fratello di Sofia) e Jason Schwartzman (nipote di Francis e cugino sia di Roman che di Nicolas Cage). Gente che di "famiglia" se ne intende, insomma, e devo dire che questo è uno dei film sulla fratellanza più significativi che abbia mai visto.


I tre fratelli Whitman si ritrovano su invito del più grande, Francis, a compiere un viaggio "spirituale" in India a bordo del Darjeeling limited, una sorta di transiberiana in chiave indù. I tre non si parlano da oltre un anno, data del funerale del padre, e ciascuno di loro è arrivato ad un punto della propria vita in cui è necessaria una svolta: Francis è reduce da un tentativo di suicidio, Peter è prossimo a diventare padre, Jack è invischiato in una relazione senza futuro, ma senza la determinazione di darci un taglio netto. Nel corso del viaggio i tre saranno costretti a passare tutto il tempo insieme fra avventure amorose, templi induisti, gite al mercato e incredibili (apparentemente) coazioni a ripetere sempre gli stessi errori .


Owen Wilson è Francis, il fratello più grande che organizza il viaggio fin nei minimi dettagli (nascondendo però il suo vero intento ai fratelli), ha l'ossessione del controllo e impone le proprie decisioni ai fratelli. Adrien Brody è il fratello di mezzo, con il vizio di intascarsi gli oggetti del padre prima che siano stati divisi fra i fratelli, Jason Schwartzman interpreta Jack, il fratello scrittore che racconta nei suoi libri tutto quello che gli succede convinto che sia opera di fantasia. Jack è anche protagonista del corto Hotel Chevalier (di cui vi consiglio la visione su Youtube, dura meno di 15 minuti) che in sala precedeva la visione del film, ed in cui si narra la sua notte d'amore con la ex di cui si parla nel film. Il corto è un perfetto esercizio di stile e passerà comunque alla storia del cinema per ospitare il primo nudo integrale di una Natalie Portman con i capelli cortissimi. Anjelica Huston, infine, è inarrivabilmente leggera nel ruolo della madre dei tre protagonisti.
Numerose le comparse di lusso: oltre alla Portman, Bill Murray nella scena iniziale, la modella Camilla RutherfordIrrfan Khan (il poliziotto di The Millionaire) nel ruolo del padre del bambino morto nel fiume e infine il regista Barbet Schroeder (Barfly, Il mistero Von Bulow, Inserzione pericolosa) nel ruolo del meccanico della Porsche.


Il film sembra avere come tema un viaggio di formazione, mentre in realtà nessuno dei tre personaggi subisce la minima evoluzione. Molto più verosimilmente i tre imparano ad accettarsi per quello che sono: Francis continuerà sempre a decidere per gli altri (ma abbiamo imparato che è una caratteristica mutuata della madre), Peter userà sempre gli oggetti dei fratelli come se fossero suoi e Jack continuerà a scrivere dei fatti della propria famiglia come se fossero opere di fantasia, solo che alla fine se ne rendono conto e decidono che va bene così. Durante una sosta del treno i tre si chiedono se avrebbero potuto essere amici se si fossero incontrati come sconosciuti, senza legami di parentela: che domanda inutile. Loro sono fratelli e anche se ci sono giorni in cui sembra essere una condanna sono destinati a fare il loro viaggio insieme anche una volta scesi dal treno.
Attenzione però: anche se sembra difficile, per prendere il prossimo treno potrebbe essere necessario buttare via il bagaglio che non ci consente di afferrare la vita al volo e di essere - semplicemente - noi stessi.


2007 - Il treno per il Darjeeling (The Darjeeling limited)
Regia: Wes Anderson
Sceneggiatura: Wes Anderson, Roman Coppola, Jason Schwartzman
Costumi: Milena Canonero

martedì 9 luglio 2013

Space pirate Captain Harlock - Read and be ready


Dopo la presentazione dei primi 15 minuti al festival di Cannes 2013 e la definizione della data di uscita giapponese (il 7 settembre prossimo), finalmente è giunta la conferma: Space Pirate Captain Harlock arriverà anche in Italia, grazie (grazie, grazie, grazie!) alla Lucky Red distribuzione, anche se al momento in cui scrivo non è ancora stata fissata la data di uscita da noi.

Si tratta di un film di animazione, realizzato tutto in CGI 3D, basato su un soggetto dell'autore originale Leiji Matsumoto e diretto da Shinji Aramaki (Halo legends, Starship Troopers: l'Invasione), il quale può contare su un buon budget di trenta milioni di dollari (un blockbuster come Madagascar 3 ne costa circa il triplo).

Lo sceneggiatore Harutoshi Fukui ha dichiarato di aver voluto adattare la storia originale alla sensibilità dei giorni nostri.

Come avrete capito Capitan Harlock era uno dei miei cartoon preferiti, benchè in tenera età già mi piaceva che Harlock fosse un fuorilegge con un codice d'onore, che avesse una banda di amici pirati  "uno per tutti e tutti per uno", mi piaceva che la psiche dei personaggi fosse complessa e tormentata, tanto i buoni come i cattivi, inoltre - inutile negarlo - mi piacevano le mazoniane (a chi non piacevano, del resto?), che erano belle, sapevano di esserlo e non si filavano i terrestri manco per sbaglio: irresistibili.
Inoltre l'estetica piratesca è affascinante: come resistere ad un'astronave che si guida con il timone di legno?

Attendiamo con fanciullesca fiducia l'arrivo in Italia di questa pellicola, nella quale i fans ritroveranno (con nomi leggermente cambiati) tutti i personaggi della ciurma di Harlock, nel frattempo godiamoci il primo trailer in inglese!




2013 - Space Pirate Captain Harlock
Regia: Shinji Aramaki
Sceneggiatura: Harutoshi Fukui & Kiyoto Takeuchi
Soggetto: Leiji Matsumoto


venerdì 5 luglio 2013

The Lone Ranger


Come vi avevo annunciato fin dall'epoca prenatalizia, è uscito ier l'altro The Lone Ranger di Gore Verbinski.  Dopo aver spolpato fino all'osso la saga dei Pirati dei Caraibi (è non scommetterei che sia finita qui), l'accoppiata Jerry Bruckheimer e Gore Verbinski ritenta il colpaccio con il filone western, ma affidandosi ancora una volta all'istrionica verve di Johnny Depp.


Quanto a trama e "parentele importanti" del personaggio di John Reid (il ranger mascherato) ho già scritto in precedenza, vi invito quindi a rileggere il "Read and be ready". Il registro scelto è lo stesso dei Pirati dei Caraibi: avventuroso ma buffo, con l'indiano Tonto che parla con "lo spirito del cavallo", la natura "squilibrata" (teneri leprotti carnivori, cavalli etilisti e funamboli e così via...) e un personaggio principale ingenuo ed idealista che fatica tremendamente ad appropriarsi del ruolo dell'eroe senza macchia e - soprattutto - senza paura.
Scenografi e costumisti fanno, comme d'habitude in Verbinski, un lavoro grandioso ricostruendo un west selvaggio e splendido dove non viene trascurato quasi nessuno degli ambienti tipici del genere: il treno, dentro e fuori, il saloon con le donnine, la miniera, la fattoria, il villaggio indiano ma soprattutto la natura: sconfinata e maestosa.


Armie Hammer, alla prima prova da protagonista è forse l'interprete che funziona meglio: gran fisico, quel tanto di grinta che serve ma senza prendersi troppo sul serio, lascia un bel segno sulla pellicola. Johnny Depp con un pesante make up aggiunge un'altro personaggio alla sua galleria picaresca. Non è la prima volta che Depp interpreta un nativo americano (anche se le analogie con The Brave finiscono qui). Indubbiamente lo stile recitativo è identico a quello del capitan Jack Sparrow, insomma un po' dejà vu. Ruth Wilson è Rebecca la moglie-cognata dei fratelli Reid: da un lato ha l'allure necessaria per rendere la durezza della donna, dall'altro io non riesco a dimenticare il suo personaggio in Luther: quando la vedo mi fa paura! Helena Bonham Carter: senza voto, è un peccato che ad un personaggio così potenzialmente interessante sia stato concesso un minutaggio così basso: spero si possa rifare nei sequel (sembra siano previsti altri due capitoli). I comprimari sono di altissimo livello: Tom Wilkinson è proprio perfido (guardate la sua interpretazione in Rocknrolla di Guy  Ritchie, un capolavoro, ma anche qui non scherza), William Fichtner meritava una chance di proporsi al grandissimo pubblico e se la gioca benissimo. Pochi riusciranno a  riconoscere nel capitano di cavalleria lo stesso attore del broker di wall street amico di Monty Brogan in La 25a ora,  merito di Barry Pepper e di un pizzetto alla Custer nient'affatto casuale.


L'operazione tentata da Bruckheimer mi pare riuscita: il film è divertente, con quel tanto di sangue per far capire che i cattivi non meritano pietà e la lunghezza della pellicola non pesa troppo. Le note del Guglielmo Tell sulle scene finali dell'inseguimento fra treni sono estremamente efficaci.
Se Tarantino con il suo Django Unchained si è ispirato allo spaghetti western più cupo, è palese che Verbinski un paio di film con Terence Hill se li sia visti; Trinità (la scena con Hammer sulla slitta trainata dal cavallo è una citazione bella e buona) ma a mio avviso anche  Il mio nome è Nessuno con Peter Fonda: l'importanza della ferrovia che - nel bene e nel male - porta la civiltà, la corruzione dei potenti contrapposta al senso morale dei pochi, l'atmosfera tutto sommato scanzonata dove anche morire non fa poi così male.
Ci si potrebbe domandare però cosa nel nostro cinema attuale potrebbe fornire l'ispirazione di domani agli americani del 2030, discorso troppo impegnativo per affrontarlo qui ed ora!


Nonostante le critiche non siano generalmente molto positive e non sia di certo un film che farà epoca (come a suo modo è stata la serie dei Pirati) mi sento di consigliarlo dai 10 anni in su: divertente e con una spolverata (appena appena ma c'è) di epico che nel vecchio west non sta mai male. Inoltre, a ben vedere il deus ex machina di tutta la vicenda è un cavallo, ed io per gli equini ho un occhio di riguardo.

2013 - The Lone Ranger
Regia: Gore Verbinski
Musiche: Hans Zimmer
Costumi: Penny Rose
Fotografia: Bojan Bazelli


martedì 2 luglio 2013

L'uomo d'acciaio - Superman Superstar


Ebbene sì, nonostante l'assenza dal blog dovuta alla sacrosanta luna di miele, ho biecamente approfittato della passione per i fumetti di mi mia moglie per convincerla che in viaggio di nozze è in-dis-pen-sa-bi-le andare almeno una volta al cinema, soprattutto se si tratta di festeggiare l'uscita del reboot della serie di Superman firmato Synger/Nolan: L'uomo d'acciaio.
L'esperienza in sè si è rivelata piuttosto istruttiva: nella catena di multisala in cui abbiamo visto il film (CINESA) si proiettano (un film diverso ogni settimana) film "vecchi" di vario genere, oltre ad avere un nutrito programma di seconde visioni degli ultimi blockbusters. In Italia non mi è praticamente mai capitato di vedere iniziative simili, se si escludono i remaster in 3D (e il programma del Museo del Cinema che la mia città ha la fortuna ed il merito di ospitare). Ecco, prima di lamentarci che il mercato è in crisi e la gente non va più al cinema, una riflessione su che cosa offrono oggi le sale italiane sarebbe forse opportuna.


Detto questo, passiamo al film vero e proprio. Abbandonata l'ipotesi di dare un sequel a Superman returns con Kevin Spacey e Brandon Routh (che comunque a me era piaciuto), la Warner optò per un reboot della serie, suffragata nella decisione dal successo di Batman Begins, e dall'ingaggio dello stesso Christopher Nolan nella veste di produttore esecutivo della pellicola. Alla regia, dopo aver vagliato diverse ipotesi (fra cui Guillermo Del Toro, Bob Zemeckis e Ben Affleck), uno specialista dei fumetti come  Zack Snyder (300, Watchmen).


Il film riprende la storia di Superman - Kal-El fin dalla nascita sul pianeta Krypton, discostandosi nell'evoluzione della trama quel tanto che basta da lasciarsi un ampio ventaglio di possibilità per i capitoli futuri. Superman cresce sulla terra, a Smallville, Kansas come Clark,  figlio adottivo di Jonathan e Martha Kent. Fin dall'infanzia si manifestano in lui poteri sovrumani che lo fanno sentire "diverso". Al raggiungimento dell'età adulta, ed in seguito alla morte del padre adottivo, Clark parte per un viaggio alla ricerca di se stesso, nel corso del quale più volte dovrà utilizzare i propri poteri per risolvere situazioni critiche. Nel frattempo il generale Zod, acerrimo nemico del padre biologico di Clark, Jor-El, riesce a liberarsi dall'esilio al quale è stato condannato ed arriva sulla terra per regolare i vecchi conti e distruggere il pianeta, trasformandolo in un nuovo Krypton.


Il ruolo di Superman è stato affidato a Henry Cavill, uno che ha più volte sfiorato la grande occasione (è stato in predicato di essere Superman nel film di Synger, 007 al posto di Daniel Craig e Edward Cullen al posto di Pattinson in Twilight). Forse fin troppo figo per il ruolo di Clark Kent, se la cava più che dignitosamente in tutina (senza i mutandoni rossi, giudicati out of fashion dai costumisti). Lois Lane, che ha un grande spazio e rilevanza nella trama è Amy Adams (di cui ho già parlato bene a proposito di Di nuovo in gioco, e qui confermo), che pur fornendo una buona prova toglie a Miss Lane quella punta di spregiudicata fame per la notizia che la contraddistingue.
Russel Crowe è un ottimo Jor-El, serafico e sicuro di sè, Kevin Costner si ripresenta in forma al grande pubblico, dopo un periodo pe rla verità piuttosto appannato. Diane Lane è ancora e sempre una fuoriclasse. Laurence Fishburne è Perry White, il direttore del Daily Planet (anche lui un po' troppo buono, rispetto alla filologia del personaggio). I cattivi sono muscolosi e malvagi, ma troppo "marines gone bad" per essere ricordati a lungo.


Fin dagli esordi Superman ha avuto un che di messianico (il che mi ha fatto pensare a un Jesus Christ Superstar in versione muscolare): la storia del salvatore venuto dal cielo che si fa uno di noi, cresce in una famiglia normale e - maturati i tempi - si rivela parla da sola, Snyder però schiaccia troppo l'acceleratore sull'analogia: Clark Kent diventa Superman a 33 anni, poi si consegna come agnello sacrificale "per la salvezza di tutti" al generale Zod, infine aiuta gli umani a liberarsi "da soli" grazie al loro stesso decisivo intervento. Anche l'aspetto iconografico, però, è piuttosto esplicito: il Clark Kent barbuto nella prima parte del film, la scena in chiesa con l'evidente accostamento di Clark all'immagine del Cristo, la passione di Kal-El per librarsi in volo a braccia aperte come un crocefisso.

Anche in questo film, come in molti altri recenti (lo noto fin da The avengers, ma ultimamente è un'epidemia: Iron Man 3, Oblivion, Star Trek Into Darkness, Olympus has fallen, White House down, lo stesso Il cavaliere oscuro e chi sa quanti altri in uscita a breve) registro un gusto preoccupante per la demolizione catastrofica di New York, Washington, Los Angeles insomma qualsiasi significativa conurbazione statunitense. Fatte salve le recenti tragiche  vicende di Chicago, mi domando perché gli americani si sentano così sotto minaccia di devastazione: dieci anni fa si poteva capire, ora - francamente - molto meno, o forse sta succedendo qualcosa nella politica e nell'anima a stelle e strisce che io non sono in grado di interpretare.

La violenza contro cose e persone ne sconsiglia la visione almeno a chi è ancora alle elementari. Per tutti gli altri, quasi due ore e mezza di ottimo entertainment, con i migliori auguri a Cavill, che mi pare maturo per un salto di carriera.

2013 - L'uomo d'acciaio (Man of steel)
Regia: Zack Snyder
Sceneggiatura: David S. Goyer, Zack Snyder, Kurt Johnstad
Costumi: James Acheson, Michael Wilkinson
Fotografia: Amir Mokri
Scenografia: Alex McDowell