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domenica 29 settembre 2013

The Bling Ring - Ti sento


Da mesi si parla di questo nuovo film di Sofia Coppola, The Bling Ring,l a regista di Lost in translation e Somewhere (senza dimenticare ciò che di ottimo ha fatto anche prima) si occupa ancora una volta di adolescenti e ancora una volta centra il bersaglio. In pieno.


Il film si basa su un articolo comparso nel 2010 su Vanity Fair, The suspects wore Louboutin, dove si racconta la storia del gruppo di teenagers conosciuto come "Burglar Bunch" o "Bling Ring", una compagnia di ragazzi di Beverly Hills cresciuti nel mito glamour delle stars di Hollywood nelle cui case si introducevano abusivamente per rubarne i vestiti e gli accessori che li rendevano tanto "cool" ai loro occhi.
Tutto nasce da una ragazzata fatta un po' per caso, ma presto il Burglar Bunch si fa prendere la mano e rubare dalle case incustodite delle star diventa un'abitudine, un modo per passare una serata un po' eccitante. E' ovvio che la faccenda non possa durare a lungo e infatti, grazie alle riprese delle telecamere di videosorveglianza (decisive quelle di Lindsay Lohan, ironicamente il mito assoluto delle protagoniste), dopo qualche tempo la polizia riesce a trovare la giusta pista e ricostruire la vicenda. L'epilogo è inaspettato, pure considerando l'inconsuetudine dei fatti.


Gli interpreti sono tutti giovanissimi e, fatta eccezione per Emma Watson, quasi o del tutto sconosciuti: a questo proposito Sofia Coppola ha dichiarato di aver voluto sfruttare la freschezza di approccio di un'esordiente rispetto al modo più impostato modo di lavorare di un attore già esperto. I risultati sono comunque di ottimo livello: Katie Chang interpreta Rebecca, la leader del gruppo, ossessionata da personaggi come Paris Hilton e Lindsay Lohan. Il modo che trova per entrare a far parte del loro mondo è certamente efficace, anche se moralmente discutibile! Israel Broussard interpreta il giovane Marc, l'unico maschio della gang, completamente succube della personalità di Rebecca. Claire Julien (una particinissima nell'ultimo Batman di Nolan) è la annoiata e caustica Chloe, Emma Watson è Nicki, ragazzina alla disperata ricerca del suo posto nello star system, insieme alla sorella-non-sorella Sam (Taissa Farmiga, sorella nella realtà della più famosa Vera).


Molte delle celebrità derubate dal Bling Ring hanno messo a disposizione della regista le loro abitazioni come location per il set e se quando vedrete il film ve lo chiederete, la risposta è sì: Paris Hilton lasciava davvero la chiave di casa sotto lo zerbino (non lo fa più adesso) e Orlando Bloom è davvero partito per girare un film a New York senza curarsi di controllare se le porte erano tutte chiuse bene.
Insomma a quanto pare a Beverly Hills le star si sentono così sicure da lasciare le proprie case piene zeppe di tesori, facilmente accessibili al primo che abbia voglia di andare a vedere cosa c'è dentro. L'esperienza peraltro può essere davvero sorprendente, come dimostra la casa di Paris Hilton, un vero monumento a sè stessa.
Dal punto di vista autoriale mi pare che la Coppola dia prova di aver raggiunto una grande maturità, sia per quanto riguarda la direzione degli attori, sia - soprattutto - per la tecnica di ripresa (il lentissimo zoom durante l'effrazione in casa di Orlando Bloom è magistrale e le inquadrature apparentemente fuori campo sono ormai un marchio di fabbrica).


La cosa meno sorprendente di tutta la storia sono i protagonisti: non è strano che i ragazzi cerchino di evadere da un mondo che non comprendono e che tutto sommato non li considera, come dimostra il rapporto che hanno con i genitori, ma anche il fatto che per mesi nessuno si renda conto di cosa sta succedendo. 
Quei ragazzi sono così perchè li abbiamo voluti così: ammirano le celebrità e si sentono vivi solo se postano ciò che fanno su Facebook (un'evoluzione 2.0 del detto "se non è passato in TV allora non è mai successo"), del resto i genitori non sono meno fuori di testa dei figli, di cui si interessano solo per finta, senza avere la voglia, o gli strumenti, per passare del tempo con loro, per sapere cosa fanno, chi vedono, dove vanno quando escono. La Coppola ci mostra tutto questo senza emettere un solo giudizio, sarebbe superfluo. Se in Somewhere ci mostrava la redenzione di un attore dal nulla esistenziale in cui si era lasciato scivolare, in The Bling Ring ci mostra come gli spettatori non siano meglio degli interpreti, anzi. Nei personaggi non c'è redenzione, non c'è senso di colpa, non c'è consapevolezza, non c'è - maledettamente - nulla. La rappresentazione è impietosa, quasi documentaristica, di cosa siamo e quale forma stiamo dando al mondo. 
Come direbbero i Matia Bazar: un colpo che fa pieno centro.

The real Bling Ring

2013 - The Bling Ring
Regia, soggetto, sceneggiatura: Sofia Coppola
Scenografia: Anne Ross
Costumi: Stacey Battat
Musiche: Brian Lopatin, Brian Reitzell

venerdì 12 aprile 2013

Chemical brothers - Elektrobank - Ceci n'est pas un film



Se gli anni 70 sono stati caratterizzati dal glam all'inizio e dal fiorire del punk verso la fine e gli anni 80 del pop e dei rockers "impegnati", gli anni 90 - e chi aveva 20 anni in quel periodo se lo ricorda bene - sono nati sotto il segno del grunge ma sono stati senza dubbio gli anni dell'elettronica.

Nell'aristocrazia del big beat i Chemical Brothers tengono botta ancora oggi, ma immaginatevi che tipo di pazzi dovevano essere per pubblicare come singolo un brano di sei minuti (nel video edit, perchè sul cd ne dura più di 8) sostanzialmente senza cantato e senza melodia! Il video che ha assai trainato il successo del pezzo è dovuto al genio sregolatissimo di Spike Jonze (Essere John Malkovich, Nel paese delle creature selvagge), un vero specialista del genere.

Il video racconta la storia di una ginnasta (interpretata da Sofia Coppola, che due anni dopo sarebbe diventata moglie di Jonze) che partecipa alla finale di un torneo, rivaleggiando con una bionda perfettina e antipatica.
Bellissima l'inquadratura finale, con la vetrina dei trofei (forse un banco dei pegni?) davanti alla quale i passanti transitano distratti. Fatica, dolore, impegno: tutti momenti che andranno persi nel tempo come lacrime nella pioggia, come direbbe il replicante Roy di Blade Runner. Sempre nella stessa inquadratura, notate i due cestisti nella foto sotto quella di Sofia: i due Chemical Brothers hanno sense of humour!


1997 - Elektrobank
Artista: Chemical Brothers
Regia: Spike Jonze
Album: Dig your own hole (1997)

domenica 5 settembre 2010

Somewhere - dove è il tuo cuore, là è il tuo tesoro


C'è qualcosa di ognuno di noi in Johnny Marco, l'immaginaria star di Hollywood in Somewhere di Sofia Coppola, ma ci torneremo su fra poco. 
La figlia d'arte e di fatto di Francis Ford Coppola (qui in veste di produttore esecutivo) non sbaglia un colpo e ci regala un altro film memorabile dopo Il giardino delle vergini suicide, Lost in translation e Marie Antoinette. Lo sguardo di Sofia sa cogliere il surreale come pochi altri ed ha la rara dote di un'ironia feroce, senza tuttavia giudicare i propri personaggi. In questo film parla di ciò che probabilmente conosce meglio: il mondo dello showbiz  e il rapporto padre - figlia nell'ambiente dello spettacolo; indubbiamente alcuni spunti sono autobiografici, ma riesce comunque a mantenere il dovuto distacco.
La storia infatti ci racconta di Johnny (Stephen Dorff, visto in Blade, e più di recente in Nemico Pubblico con Johnny Depp), celeberrimo attore che passa le proprie giornate al Chateau Marmont (scelta ovviamente non casuale, servirebbero un paio di pagine solo per l'elenco di attori e rockstar che vi hanno soggiornato) fra eccessi di alcol, medicinali e sesso. Ma Johnny non sa più divertirsi, pare quasi aver perso la memoria del perchè si trovi lì e passa da una situazione assurda all'altra, dal letto di una coppia di spogliarelliste gemelle ad una surreale conferenza stampa con l'identica espressione di indifferenza, straniero a  se stesso ed al mondo in cui vive.
La Coppola fortunatamente non si perde in moralismi (e si che la giustizia sommaria sarebbe semplice: ha tutto, è giovane, ricco, famoso, desiderato), va anzi dritta al punto: Johnny, banalmente, si limita a vivere la vita che gli è toccata in sorte - non ha nemmeno studiato recitazione - senza sapere bene come fare a uscirne, sembra anzi aver perso la mappa: non sa più dove si trova nè dove vuole andare. A scuotere il suo torpore arriva la figlia preadolescente Cleo (Elle Fanning, sorella minore della più famosa Dakota) che resterà a vivere con lui per alcune settimane dandogli l'occasione che stava aspettando.
Scene memorabili: 
L'esibizione delle spogliarelliste gemelle con Johnny che si addormenta, surreale e tristissima!
Tutta la sequenza italiana della consegna dei telegatti, verosimile in modo imbarazzante, con ballerine sculettanti e seminude (la coreografia è molto simile allo strip tease delle gemelle, non ho capito se fosse voluto o meno, ma è inquietante).
Infine la scena del ritorno al Chateau Marmont dopo la trasferta italiana, con Cleo che si addormenta con la testa abbandonata sulla spalla del padre.
Ci è piaciuta moltissimo la tecnica dell'inquadratura fissa con i personaggi che entrano ed escono dal campo, come se al di fuori dello spazio previsto per loro non esistessero neppure, d'altronde allo spettatore non interessa la persona dell'attore, ma solo il personaggio che lo star system ha confezionato per lui.
Il cast:  
Stephen Dorff, molto in forma, interpreta con misura un Johnny perso ma non perduto. Indossa in continuazione camicie a quadri sulla maglia della salute o t-shirt di band rock (tipo quella dei Black Flag, gruppo cult degli anni '90).
Elle Fanning, ci è piaciuta molto. Una Cleo undicenne ma cresciuta più della sua età; in effetti quasi nessuno la tratta come una bambina. Belli i costumi, che la fanno sembrare un po' più grande della sua età, scelta di regia o più semplicemente è nello spirito dei tempi il vestire le bambine in modo vagamente lolitesco? Molto elegante nel vestito indossato per la cerimonia di consegna del telegatto.
Tutti i personaggi italiani, anche le comparse, sono vestiti realisticamente "da italiani", in modo molto diverso dai personaggi americani.
La sequenza della trasferta in Italia ci regala alcuni personaggi di casa nostra che, per quanto minori rispetto alla trama, non possiamo esimerci dal commentare.  
Laura Chiatti interpreta un flirt italiano di Johnny, ancheggia da par suo su tacchi 12, sempre bellissima.
Jo Champa (a volte ritornano!), giustamente volgare in un bel cameo come moglie di "Pupi" (aargh!), il burinissimo produttore italiano dell'ultimo successo di Johnny.
Simona Ventura, Nino Frassica e Valeria Marini consegnano i telegatti. La Coppola sostiene che la scena sia la ricostruzione di una situazione realmente vissuta, poco importa: dall'estero ci vedono così e non ce ne stupiamo. I tre interpretano se stessi, nel film sono simbolo della volgarità imperante e fanno una magnifica contrapposizione all'eleganza di Cleo, in prima fila ad applaudire il padre. Neppure noi indulgiamo al moralismo: al film servono così. A noi, meno!

Non è una storia senza speranza quella di Somewhere. Da qualche parte, in questo grande mondo, tutti viviamo un quotidiano surreale ed alienante, ma a ben vedere basta poco per ritrovare affetti, radici e speranza. Johnny ci prova, lascia il luogo dell'apatia, lascia le false sicurezze e lascia anche la sua Ferrari, non gli serve più. Non gli serve più nulla: ci sono solo lui, una piana sterminata e la strada. Finalmente può sorridere: per lui (ma non è forse così per tutti?) c'è un orizzonte sconfinato da raggiungere, laggiù, somewhere... 
Buon viaggio a tutti!