lunedì 17 febbraio 2014

Monuments men


Proveniente dal 64° Festival di Berlino, è giunto sui grandi schermi italiani Monuments Men, il quinto film da regista di George Clooney dove si racconta di una operazione poco nota della Seconda Guerra Mondiale e film corale nel quale, oltre al bel George danno ottima prova di sè anche Matt Damon, Bob Balaban, John Goodman, Bill Murray, Cate Blanchett e Jean Dujardin.


I Monuments Men sono i membri di una unità speciale delle forze alleate: professori universitari, curatori museali, architetti e professionisti dell'arte in genere che vennero reclutati per salvare dai bombardamenti e recuperare dal saccheggio nazista le opere d'arte che costituiscono il patrimonio culturale su cui si fonda non solo l'Europa, ma la intera identità occidentale. Un plotone di improbabili e attempati soldati, che danno vita ad una unità di truppe davvero speciali, direttamente sotto al comando del generale Eisenhower.
Il film mostra i rapporti non sempre facili fra i componenti del gruppo e quelli quasi sempre tesi con i comandanti delle truppe sul campo, poco inclini a rischiare la vita dei propri uomini per salvare delle opere d'arte; poco a poco i Monuments Men iniziano a mietere successi nel recupero e - quando possibile - nella restituzione ai legittimi proprietari di migliaia di opere. Anche la guerra si avvia a conclusione non per questo i Monuments Men saranno esenti dal pagare un sanguinoso tributo nel'adempimento del proprio dovere.


George Clooney dirige un film con piglio d'altri tempi: quasi non ci sono quasi esplosioni spettacolari, siamo molto lontani dall'iperrealismo dello sbarco a Omaha Beach di Salvate il soldato Ryan, ma anche dalla ironia liberatoria di Inglorious Basterds.  Film come Monuments Men nascono intorno al soggetto ed è più che abbastanza; si potrebbe dire che la sceneggiatura sembra sempre sul punto di decollare ma non lo fa mai; che la parte del reclutamento, della descrizione dei personaggi e della loro motivazione è appena accennata, che dal Clooney autore ci si aspetterebbe una visione critica anche dell'operato degli Stati Uniti che si risolve però troppo rapidamente nel mostrarci un breve tentennamento iniziale di Roosevelt e nella domanda finale posta da Truman.


Insomma ci sarebbero un sacco di motivi per cui si potrebbe dire che Monuments Men resta sotto le aspettative, ma sarebbe ingiusto farlo. Clooney sceglie di raccontarci un episodio interessante all'interno di una cornice che descrive l'assurdità della guerra (ma non di una guerra assurda, anzi fondata su ottime ragioni), lo fa con un tono sempre in bilico fra il dramma e la commedia elegante intrattenendo insegnandoci qualcosa e ponendo due domande importanti: la prima è esplicita e ricorre più volte durante la pellicola: vale la pena di sacrificare vite umane per preservare l'arte? La seconda, fra le righe, è: oggi lo faremmo ancora?
Il film è corale, ma fra gli interpreti spiccano Bill Murray, una spanna sopra tutti gli altri, e Cate Blanchett in un ruolo secondario ma di grande carisma. Molto ben fatti i costumi di Louise Frogley (collaboratrice abituale di Clooney, ultimamente molto lanciata grazie a film come  Quantum of solaceFlight, Iron Man III) e le scenografie di Helen Jarvis (Il secondo e terzo X-Men, ma soprattutto Watchmen I, robot); le musiche sono di Alexandre Desplat e la fotografia è dell'impareggiabile Phedon Papamichael. Fra tutte scelgo tre scene: quella del disco con gli auguri di Natale per Bill Murray, l'interrogatorio allo spocchioso ufficiale nazista e quella in cui Murray e Balaban trovano il generale nascosto nella casa di campagna: quasi una chiusura del cerchio rispetto all'interrogatorio del contadino LaPadite in Inglorious Basterds.


Il film pone, come abbiamo visto, due domande: alla prima dà anche una risposta: dopo aver visto morire alcuni dei suoi uomini Stout (il personaggio di Clooney) è in grado di dire che sì, tutto considerato ne è valsa la pena. Alla seconda domanda non c'è risposta esplicita. In quella situazione, quasi settanta anni fa era chiaro che - per quanto difficile e costoso - era necessario preservare l'esistenza delle opere d'arte che costituiscono il segno tangibile della nostra identità culturale (nel film vengono definiti achievements) affinchè la guerra non si portasse via le radici stesse su cui si fonda la civiltà occidentale; ed era talmente chiaro che i Monuments Men non costituiscono un'esperienza isolata, poichè in Italia possiamo rifarci a figure come quelle di Pasquale Rotondi e Rodolfo Siviero che ebbero un ruolo per molti versi analogo a quello dei personaggi celebrati nel film.


Anche oggi la conservazione delle opere d'arte che costituiscono il fondamento e la memoria delle nostre radici culturali è messa a repentaglio, non da un folle dittatore ma da una minaccia ancor più subdola e letale: il menefreghismo.
Oggi chi potrebbe sentire come un dovere il mettere a repentaglio la propria vita per salvare quadri, sculture e libri, quando in un paese come il nostro si sceglie di rinunciare a insegnare la storia dell'arte?
Forse i Monuments Men sarebbero necessari ancora oggi, ma quale amarezza dover sperare che la salvezza arrivi dall'esterno!
Godiamoci quindi un film realizzato con garbo di altri tempi, e speriamo che sia di ispirazione almeno alle nuove generazioni, visto che in tutta Europa più che andare fieri della nostra millenaria cultura e dei suoi achievements, ormai ce ne vergognamo.

The real Monuments Men

2014 - Monuments Men (The Monuments Men)
Regia: George Clooney
Fotografia: Phedon Papamichael
Scenografie: Helen Jarvis
Costumi: Louise Frogley
Musiche: Alexandre Desplat

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