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giovedì 3 maggio 2012

The Avengers - Tutti insieme con sentimento


Evento preceduto da un potente battage pubblicitario The Avengers di Joss Whedon (regista e sceneggiatore di provenienza TV - suo Buffy l'ammazzavampiri) ha la responsabilità non lieve di dover tener testa alle aspettative che ha generato. La Marvel, mitica editrice di fumetti USA, replica sul grande schermo la stessa strategia attuata sulla carta stampata: ogni supereroe ha il suo film, ma in ognuno è presente una scena, magari secondaria, che rimanda ad altri supereroi, o contiene eventi collegati con altri film della stessa serie. Così, ad esempio, Vedova Nera era già comparsa in Iron Man2; Occhio di Falco e altri personaggi erano già presenti in Thor di Kenneth Branagh, Tony Starkcompariva in L'incredibile Hulk con Edward Norton (qui sostituito nel ruolo da Mark Ruffalo); Nick Fury è comparso in quasi tutte le pellicole dedicate ai singoli, preconizzando la reunion di tutti quanti in questo The Avengers.


Il progetto è molto ambizioso e The Avengers è la pietra miliare della prima fase: seguiranno altra pellicole dedicate ai singoli supereroi (già in programma Iron Man 3) per trovare l'apoteosi finale in un per ora ipotetico The Avengers 2. Seguiremo gli sviluppi, l'idea è piuttosto complessa, soprattutto in un mondo mutevole come quello del cinema.
Tornando al film in questione, è ovvio che si diano per scontate  molte cose, dalla caratterizzazione psicologica dei personaggi, alle relazioni personali già intessute nei "capitoli" precedenti. Tuttavia la pellicola non richiede per forza una conoscenza approfondita della cosmogonia immaginata dalla Marvel e dalle trasposizioni cinematografiche dei fumetti; le frequenti scene d'azione ed i dialoghi sempre brillanti vi faranno passare sopra a qualche battuta che qua e là si riferisce alle "puntate precedenti".


La storia fa cronologicamente seguito a quella di Thor con Chris Hemsworth: Loki (Tom Hiddleston) , il fratellastro di Thor alla ricerca di un regno da sottomettere ruba il Tesseract, un cubo cosmico in grado di aprire un canale di trasporto fra universi differenti, con l'obiettivo di far invadere il pianeta dai Chitauri, una violenta e bruttissima razza aliena. Nick Fury (Samuel L. Jackson, sempre a proprio agio nei ruoli da leader) mette insieme una squadra di supereroi, gli unici che possano contrastare i piani dell'astuto figliastro di Odino. Purtroppo i supereroi oltre che superpotenti sono anche incredibilmente egocentrici: la squadra faticherà un po' a carburare, ma al momento giusto - quello della battaglia - gli eroi si compatteranno sotto la guida di Capitan America (Chris Evans, molto gonfio di muscoli rispetto all'inizio carriera) per il bene della Terra e le suoneranno, come prevedibile, di santa ragione agli oscuri invasori.


Il tempo dedicato a ciascun personaggio è calcolato al secondo, per evitare "favoritismi", tuttavia i perosnaggi più tormentati spiccano più di quelli con meno psiche e più muscoli. Tom Hiddlestone si conferma un Loki molto più interessante di Thor, anche se un pizzico di acutezza in più non avrebbe guastato, Scarlett Johansson approfitta di essere l'unica donna del gruppo, ma la sua Vedova Nera è comunque convincente; Robert Downey Jr. sembra felice di incaricarsi di mantenere attraverso il suo Tony Stark il tasso di ironia al livello giusto. Jeremy Renner a mio parere si conferma la vera rivelazione degli ultimi anni: da The Hurt Locker non sta sbagliando un colpo, lo aspetto con trepidazione nel prossimo The Bourne Legacy dove sarà protagonista. Mark Ruffalo - ne do atto - è molto più in parte di Edward Norton nei panni del mite Bruce Banner/Hulk. La sconoscuta Cobie Smulders, che interpreta Maria Hill, la vice di Nick Fury, è molto bella.


Riepilogando: alcuni personaggi con scarsa personalità, una sceneggiatura deboluccia, si nota la mancanza di un regista di spessore come il Bryan Singer dei primi due X-Men o il Christopher Nolan di Batman Begins (e sequels... in arrivo a breve il terzo capitolo).
Sull'altro piatto della bilancia The Avengers mette: esaltanti scene d'azione, dialoghi scoppiettanti - alcune battute davvero memorabili - e una battaglia aerea davvero epica con una New York quasi ridotta in briciole un po' dai cattivi e un po' da un Hulk davvero scatenato.
Ce n'è abbastanza per caricare su un furgone tutta la famiglia e passare quasi due ore e mezza di divertimento puro sia per grandi che per piccini (ecco magari non troppo piccini): buoni sentimenti e avventura con il meglio della imperitura produzione Marvel.


Un ultimo commento per il 3D. Come dice un amico scienziato: "in realtà si tratta semplicemente di piani in 2D sovrapposti"; l'effetto tridimensionale è piuttosto contenuto, non direi che l'impegno della produzione si sia concentrato su questo. Il sospetto sorge spontaneo: scrivere "3D" sulla locandina fa vendere (o forse così pensano i marketing men delle majors). Rispetto al solito non mi ha dato fastidio agli occhi, ma dopo aver visto cosa sono capaci di fare registi (pure attempati) come Scorsese ed Herzog non sono più disposto ad accettare effetti di seconda classe. Le possibilità tecniche ci sono, regaliamole ad autori che le sappino sfruttare dal punto di vista artistico e non solo economico!


domenica 8 gennaio 2012

Cave of forgotten dreams



Chi ha avuto occasione di leggere altre mie recensioni di film realizzati in 3D (per esempio qui, o qui), già saprà che non sono un estimatore di questa (nuova?) tecnologia. L'utilizzo forzoso di uno strumento come gli occhialini mi fa pensare a una tecnica immatura, e il vago senso di mal di mare che immancabilmente mi pervade dopo pochi minuti mi lascia piuttosto perplesso. Per di più, l'indubbio fascino e la spettacolarità delle immagini tridimensionali è un facile richiamo per il pubblico che purtroppo non sempre viene onorato con la cura del 3D in tutti i ciak, ma solo in quelli di maggiore impatto scenico.  I paragoni con l'introduzione del sonoro o del colore a mio parere non reggono, almeno fino a quando non si trovi il modo di rendere la terza dimensione senza l'ausilio di appositi strumenti e senza indurre lo strabismo.



Tuttavia, nel caso di Cave Of Forgotten Dreams di Werner Herzog le perplessità vengono superate dalla maestria e dall'impegno profusi nella realizzazione di questo insolito documentario.
Herzog (non nuovo al genere, come testimoniano i precedenti Paese del silenzio e dell'oscurità, Echi da un regno oscuro, Rintocchi dal profondo, fino al recente Encounters at the End of the World) ottiene il permesso di filmare, con grande cautela  per non turbare il delicato microclima interno, la grotta Chauvet, uno spettacolare antro situato in Francia, precisamente nella regione dell'Ardeche, dove si trovano, in una cornice di spettacolari concrezioni naturali, i dipinti rupestri più antichi mai ritrovati.
Herzog (voce narrante fuori campo) non si perde un dettaglio, indaga la formazione delle caverne, come queste furono letteralmente sigillate, probabilmente da un sisma; in che modo venivano utilizzate, chi potevano essere e che tipo di vita conducevano i misteriosi pittori.



Con l'aiuto del team multidisciplinare di scienziati che sta analizzando tutti gli aspetti legati alle grotte Chauvet (geologi, antropologi, archeologi, etc...) Herzog ci guida all'interno delle grotte (chiuse a qualsiasi visita) permettendoci di ammirare e, una volta tanto grazie al 3D, quasi di toccare le rocce dipinte dai nostri misteriosi progenitori.



I dipinti sono meravigliosi, disegnati con un tratto sicuro e una capacità comunicativa straordinaria, e la telecamera non trascura alcun dettaglio, come i pezzetti di carbone utilizzati per disegnare e rimasti sul pavimento della caverna, ad attendere più di 30.000 anni prima che Herzog arrivasse a regalarci queste immagini straordinarie.
Si esce dalla sala con un turbine di pensieri e riflessioni in testa, non si può non pensare a questi primitivi uomini (l'ordine dei termini non è casuale) ed al messaggio che ancora ci arriva comprensibile dopo tutto questo tempo. Il paragone per molti versi è improprio, me ne rendo conto, ma la visita a qualche museo di arte contemporanea ci potrebbe forse far sentire più fratelli di un primitivo artista che lascia il palmo della propria mano a firma di un capolavoro, che non a qualche furbetto mercante di idee più o meno provocatorie.

Riproduzione della superficie della caverna al laser

Al contrario delle grotte di Lascaux,il cui sfruttamento turistico ha rovinato in pochi anni quello che i millenni avevano preservato (sono infatti ricoperte da uno strato fungino probabilmente causato dalla modifica del clima interno delle grotte), le grotte di Chauvet non solo sono chiuse al pubblico, ma anche l'accesso degli studiosi è limitato all'indispensabile. Un grazie in più, dunque, al rispettoso lavoro di Herzog che ci consente di godere in modo così realistico di un vero e proprio tesoro culturale, ma anche artistico.



La telecamera tridimensionale, che fatica tanto a convincere al di fuori dell'intrattenimento più scontato, si rivela invece piuttosto adatta allo stile documentaristico, o forse semplicemente un autore resta tale sia in due dimensioni che in tre, ed altrettanto accade per gli onesti, ma poco dotati professionisti del film di genere. Mi resta dunque un po' di rimpianto per non essere riuscito a vedere Pina 3D di Wenders sul teatro danza di Pina Bausch e attendo con curiosità il prossimo Hugo Cabret di Scorsese, che i giornali riportano entusiasta del'esperienza tridimensionale.