giovedì 31 ottobre 2013

Dark City


Chi è troppo vecchio per passare la notte di Halloween bussando ai vicini il classico "dolcetto o scherzetto", può sempre passare la serata guardando un film. Il mio consiglio cade su Dark City di Alex Proyas.
Siamo nel 1998 ed il regista è reduce dal successo planetario di The Crow, che girato relativamente a basso costo, aveva incassato quasi 150 milioni di dollari.  La Warner, attraverso il suo marchio "indipendente" New Line Cinema concede a Proyas piena libertà creativa per una storia scritta da lui stesso: Dark City.


La storia anticipa di un anno intero Matrix dei fratelli Wachowski: anche qui abbiamo un mondo "illusorio" nel quale una razza nemica (qui sono alieni) tiene prigioniera una città - ma potremmo dire un mondo -  cambiando ogni notte i ricordi a tutti gli abitanti, nel tentativo di comprendere il segreto dell'individualità umana. Tutte le notti a mezzanotte la città si ricostruisce in modo diverso, e le vite di tutti continuano o ripartono da zero con nuovi ricordi, nuovi compagni, nuove identità.

Gli alieni sono dotati di una sorta di coscienza collettiva, e paiono convinti che scoprendo il segreto che rende unico ogni essere riusciranno a contrastare il declino fisico di cui soffrono e che li porterà presto all'estinzione.
In questo meccanismo apparentemente perfetto si verifica un'anomalia: un uomo - John Murdoch - si sveglia prima che la memoria gli venga ricondizionata. Il protagonista si ritrova perso nella ricerca della propria identità e nel dare un senso a un mondo di cui percepisce da subito l'assurdità, scoprendone però i segreti poco per volta, anche grazie a un misterioso alleato.
Misteriosamente Murdoch acquisisce gli stessi poteri dei suoi aguzzini, in particolare quello di dare forma alla realtà fisica attraverso un moto di pura volontà; per gli alieni da interessante esperimento Murdoch diventa presto una minaccia, da eliminare con ogni mezzo.


Notevole il cast: Rufus Sewell è un John Murdoch che acquisisce mano a mano sicurezza nel proprio ruolo di "eletto", deciso a cambiare una volta per tutte le regole del mondo. Jennifer Connelly, qui probabilmente al top del suo splendore fisico (in seguito la trovo eccessivamente dimagrita) interpreta una Emma Murdoch, la moglie di John, inconsapevolmente femme fatale, strepitosa come chanteuse di night club. Kiefer Sutherland è il dottor Schreber, il catalizzatore della vicenda: unruolo ambiguo e oscuro che gli si addice molto. William Hurt è l'ispettore Bumstead, il coriaceo poliziotto che tenta di risolvere l'intrigo nel quale è caduto Murdoch.


L'immaginario visuale è un misto di espressionismo tedesco anni 30 e atmosfere hard boiled anni 50 con evidenti riferimenti ai notturni urbani dei quadri di Hopper.
Proyas ammette di essere stato ispirato, in modo più o meno consapevole, da  Brazil di Terry Gilliam, ma le atmosfere steampunk ricordano in qualche misura anche i primi film di Jean Pierre Jeunet, anche se in Dark City non si rileva la minima traccia dell'ironia che caratterizza l'autore francese.
Le analogie più forti sono chiaramente con Matrix (che Dark City anticipa), sia nella tematica che in alcune atmosfere, al punto che alcune scenografie create dall'art director Michelle Mc Gahey verranno riutilizzate per il film dei fratelli Wachowski. Tuttavia sarebbe interessante indagare il debito di Christopher Nolan verso Proyas: chiunque abbia visto Inception non può che riconoscervi l'ispirazione a Dark City nei movimenti delle architetture, ma gli stessi personaggi che non possono distinguere fra realtà, sogno ed immaginazione costituiscono IL tema del cinema di Nolan.


Dark City, come si è detto, anticipa le tematiche affrontate nel più famoso Matrix ma in modo culturalmente "alto". A mio giudizio si tratta di una pellicola che resiste al passare del tempo in modo molto più dignitoso rispetto al suo parente ricco.
Il contenuto autenticamente filosofico, la curata estetica da fumetto, le atmosfere dichiaratamente (fin dal titolo) dark senza dimenticare un finale che non so se sia più corretto definire lieto o disperante lo rendono un film da rivalutare, di certo particolarmente adatto alla serata di Halloween.

1998 - Dark City
Regia, soggetto: Alex Proyas 
Sceneggiatura: Alex Proyas, , Lem Dobbs, David S. Goyer
Fotografia: Dariusz Wolski
Scenografia: George Liddle, Patrick Tatopulos
Art Director: Michelle McGahey

lunedì 28 ottobre 2013

Happy birthday 2 mule!


Ieri (domenica) ricorreva il secondo compleanno di The Talking Mule. L'evento, che ha peraltro rischiato di passare inosservato anche a me stesso, mi ha stupito come e più dell'anno scorso. Il tempo, la voglia, il lavoro tutto sembra cospirare contro la mia creatura parlante, che pure riesce sempre - spesso togliendo tempo al sonno - a ritagliarsi uno spazio per dire la sua.

Anche se di ogni cosa la fine è nota, coma ci ricorda questa fantastica clip presa da Aprile di Nanni Moretti, il mulo è però creatura notoriamente cocciuta ed io ho fiducia che passo dopo passo ci terremo compagnia ancora per un po'.

Per ora non posso che ringraziare tutti i miei lettori e rinnovare pubblicamente la promessa di mettercela tutta!




giovedì 24 ottobre 2013

Cranberries - Animal instinct - Olivier Dahan


Recentemente ho avuto modo di commentare due lavori di tipo molto diverso del regista francese Olivier Dahan (qui e qui). Come molti colleghi, Dahan ha iniziato come regista di clip musicali, attività che lo impegna ancora anche se meno intensamente di una volta.
Fra i primi clip girati da Dahan si segnalano alcuni lavori per Zucchero (ad esempio Così celeste) ed una serie di video per i Cranberries tratti dall'album Bury the hatchet: Salvation (in stile horror), Promises (un curioso western-horror) e Animal instinct (un runaway movie in miniatura).

Oggi vi propongo proprio il video di Animal instinct, girato a Toronto è un vero e proprio corto molto efficace per illustrare il tema del testo, che parla di amore materno. Una madre a cui vengono sottratti i figli dai servizi sociali, decide di rapirli e fuggire attraverso molti degli Stati Uniti d'America nel tentativo di mantenere unita la famiglia, fra gli immancabili diner e motel sul ciglio della statale.


1999 - Animal instinct
Artista: Cranberries
Regia: Olivier Dahan
Album: Bury the hatchet (1999)

lunedì 21 ottobre 2013

Cose nostre - Malavita / La recensione


Dopo la parentesi di impegno civile di The Lady, Luc Besson torna a fare ciò che gli viene meglio: raccontare di inconsueti criminali. Nella fattispecie si tratta di una famiglia di malviventi violenti, rissosi e moralisti nella migliore tradizione "Broccolino".
Il film, basato sul romanzo Malavita dello scrittore francese Tonino Benacquista (già pronto il materiale per un eventuale sequel) racconta del gangster newyorkese Giovanni Manzoni che dopo aver testimoniato contro alcuni mafiosi viene inserito insieme a tutta la famiglia in un programma di protezione testimoni del FBI: nuove identità e nuova residenza, in Francia. La natura rissosa e sopra le righe dei Manzoni fa sì che questi finiscano con il cambiare in continuazione nome e indirizzo, nel tentativo di seminare i sicari sguinzagliati sulle loro tracce dai boss di cosa nostra. Giovanni, la moglie Maggie ed i figli Warren e  Belle diventano così la famiglia Blake e vengono trasferiti in uno sperduto paese della Normandia, nel quale tenteranno di integrarsi. Trascurare il minimo dettaglio potrebbe mettere in dubbio la loro copertura e farli individuare dai killer, ma chi è nato e cresciuto sui marciapiedi di Brooklyn possiede sempre qualche risorsa invisibile a prima vista..


Luc Besson dirige benissimo i suoi interpreti: Robert De Niro nel ruolo di Giovanni Manzoni, recita (cosa che non fa più molto spesso). Il suo volto quando inizia la proiezione di Goodfellas nel piccolo cineforum di provincia racconta di una passione per il cinema che è sua, del suo regista e del produttore esecutivo d'exception, Martin Scorsese,in un  magnifico   gioco di scatole cinesi metafilmiche.
Idem dicasi per Michelle Pfeiffer, un talento restituito agli schermi. I meno giovani la ricorderanno - meravigliosa - già Married to the mob in passato, in un ruolo che ha molto in comune con questa mamma e moglie amorevolissima. Tommy Lee Jones presta la faccia da duro all'agente Stansfield, uno che - si vede benissimo - non vedrebbe l'ora di "sparaflashare" tutta la famiglia Manzoni e andarsene al bar a tracannare scotch, ma ce la mette tutta ugualmente per fare bene il suo lavoro.
Bellissima Dianne Agron nel ruolo di Belle, figlia adolescente e manesca di Giovanni. Luc Besson senza un'eroina femminile innocente e letale sembra non saper stare: la sua Belle si assume l'incarico con palpabile entusiasmo. Bellissima la scena in cui mette a posto i compagni di scuola dall'approccio maldestro. John D'Leo, classe 1995, è simpaticissimo nel ruolo di Warren, figlio minore dei Manzoni e baby-padrino della scuola, che architetta diaboliche vendette e assume ben presto il controllo dei piccoli traffici illeciti fra le mura scolastiche.


Il gioco del film consiste nel prendere dei gangster provenienti "davvero" da Goodfellas, con quel tanto di caricaturale che avevano i personaggi del film di Scorsese, e metterli a confronto con dei francesi di provincia rappresentati con registro da commedia (o forse i francesi sono proprio così? Meglio, non chiederselo e salvaguardare delicati equilibri internazionali). La famiglia Blake assurge così a compagine di angeli vendicatori dello sciovinismo d'oltralpe con effetto liberatorio per tutti gli spettatori. Fra commedia e amore per la carneficina-spettacolo, Besson sembra non saper bene che strada scegliere. Il risultato è un film godibile ma non memorabile popolato di personaggi di cui invece mi ricorderò a lungo. I Blake, come dice il titolo originale, sono una vera famiglia: unita e affettuosa: al di là delle stanchezze quotidiane e di una vita tutta fuori dalle righe, nel momento della necessità sanno darsi una mano. Che bravi ragazzi!


2013 - Cose nostre - Malavita (The Family)
Regia: Luc Besson
Produttore esecutivo: Martin Scorsese
Fotografia: Thierry Arbogast
Costumi: Aude Bronson-Howard, Olivier Bériot

mercoledì 16 ottobre 2013

Grace di Monaco - Read and be ready


La mania dei film su personaggi dello spettacolo o della politica che ne raccontano la personalità attraverso l'illustrazione di un episodio didascalico anche se apparentemente irrilevante ormai dilaga.
Il 19 dicembre uscirà sugli schermi italiani Grace di Monaco, pellicola che racconta il travaglio interiore di Grace Kelly nel momento in cui si trovava al bivio fra la carriera di attrice internazionale e le nozze con Ranieri di Monaco ed i relativi obblighi "principeschi". Tanto per semplificare le cose fa da sfondo la vicenda storica di un momento di deterioramento - fino quasi alla crisi - dei rapporti fra il minuscolo principato e la Francia gollista.

La famiglia reale monegasca ha criticato con vigore la rappresentazione di Grace Kelly che viene data nel film, avanzando inoltre varie riserve sulla veridicità della rappresentazione storiografica. Le richieste di cambiamenti alla sceneggiatura sono state puntualmente, ed ovviamente, respinte al mittente.
Il regista Olivier Dahan (di cui abbiamo parlato poche settimane fa a proposito del suo commercial per la Lady Dior) ha diplomaticamente dichiarato di odiare personalmente i biopic e di non avere avuto intenzione di realizzarne uno!

Staremo a vedere, per il momento posso dire che non mi convince l'affidamento della parte di Grace Kelly a Nicole Kidman, principalmente per ragioni anagrafiche: all'epoca dei fatti narrati la Kelly aveva ventisette anni, la Kidman oggi ne ha quarantasei (e per giunta esibisce un lifting notoriamente infelice). Magie del cinema, del resto Ranieri di Monaco viene interpretato da Tim Roth compiendo un salto anagrafico altrettanto grande.

Qullo che invece promette piuttosto bene sono le scenografie: le riprese in esterni si giovano dei panorami della riviera: Mentone, Grimaldi (il paese), i meravigliosi giardini Hanbury, oltre che di riprese a Parigi e nella stessa Montecarlo. La residenza ufficiale dei Grimaldi (la famiglia) è stata ricostruita nel genovese Palazzo Balbi.

In casi come questi è sempre legittimo il sospetto che il giudizio più corretto sia la famosa esclamazione fantozziana. Per saperlo non resta che aspettare!



2013 - Grace di Monaco (Grace of Monaco)
Regia: Olivier Dahan
Sceneggiatura: Arash Amel
Costumi: Gigi Lepage

lunedì 14 ottobre 2013

Cattivissimo me 2

       

La Illumination Entertainment (sezione della Universal dedicata alla animazione CGI in 3D) ritorna con il suo quarto film, il seguito del fortunatissimo e nominatissimo  Cattivissimo me. Alla regia sono confermati Pierre Coffin e Chris Renaud (solo il primo è francese), creatori dei personaggi originali. La colonna sonora è ancora curata da Pharrell Williams e Heitor Pereira, con ottimi risultati.



In questo secondo episodio vediamo Gru, ormai ritiratosi dal male e convertitosi in produttore di pessime marmellate, reclutato da una organizzazione governativa segretissima, la Lega Anti Cattivi, impegnata a recuperare un pericolosissimo siero rubato da un laboratorio segreto situato nel circolo polare artico.
Gru è quindi costretto a lavorare con la svampita ma efficiente agente Lucy Wilde nel tentativo di recuperare la preziosa sostanza. Nel frattempo Gru si vede costretto a fronteggiare diversi altri problemi, fra cui il licenziamento del professor Nefario (poco stimolato dalla mancanza di cattiveria nei laboratori di Gru), la gestione delle tre figlie adottive, Margo, Edith e Agnes e un misterioso cattivone, che per motivi misteriosi rapisce i Minions. Fra gadget improbabili, incursioni notturne in un ristorante messicano e la gelosia di padre per la cotta di Margo per un ragazzino figlio di Eduardo, il ristoratore messicano che forse ha qualcosa da nascondere, Gru riuscirà a difendere la propria famiglia ma anche ad affrontare le proprie paure.


Coffin e Renaud spingono l'acceleratore sui Minions, le piccole creature a forma di capsula che lavorano nel suo laboratorio, svolgendo qualsiasi tipo di compito in modo entusiasta e un po' pasticcione. In effetti delle buffe creaturine nel primo episodio si era parlato fin troppo poco, ma è chiaro che sono la spalla ideale per infinite gag, al punto che per il 2015 è prevista l'uscita di un film dedicato solo a loro. Gru "buono" L'arrivo delle tre bambine a casa Gru ha - non è sempre così? - stravolto completamente la vita di Gru, per il quale le figlie costituiscono una priorità assoluta, l'agente Lucy Wilde ha in italiano la voce di Arisa, discutibile scelta di doppiaggio, però il personaggio di per sè è divertente con il suo mix molto femminile di astuzia e ingenuità e costituisce un perfetto contraltare a Gru. Fra le bambine è la più piccina, Agnes, a strappare le risate più forti e - a tratti - a far inumidire l'occhio.
I Minions...bè loro sono irresistibili e i loro maldestri omaggi musicali e cinematografici semplicemente esilaranti.


Anche se i personaggi ormai non hanno segreti da svelare allo spettatore, il sequel è all'altezza del predecessore. Il film è adatto a tutte le età, dura un'ora e quaranta e quando finisce dispiace un po' che non ci si possa gustare ancora un paio di scene (peraltro ci sono i titoli di coda, restate seduti ancora un momento please).
Io ho visto il film in una sala - non grande - piena zeppa di bambini che hanno riso dall'inizio alla fine, i loro genitori pure, ed io anche. Che altro si può aggiungere?



2013 - Cattivissimo me 2 (Despicable me 2)
Regia: Pierre Coffin, Chris Renaud
Musiche: Pharrell Williams, Heitor Pereira


giovedì 10 ottobre 2013

Dior - L.A.dy Dior - Director's Ads


Benchè realizzato al di fuori dalla campagna 2011 per la Lady Dior, a chiosa di questa serie di post mi pare valga la pena segnalare questo ulteriore corto che vede ancora una volta protagonista Marion Cotillard per la regia di John Cameron Mitchell (che già aveva realizzato Lady Grey London).
In questo breve film vediamo una Cotillard nel ruolo di una sè stessa in crisi da stress alle prese con un impresario insensibile sullo sfondo di una coloratissima e spietata Los Angeles: un mondo in cui si vernicia l'erba perchè sia più verde (anche di quella del vicino) e persino una crisi di nervi viene sfruttata come geniale mossa di marketing.

La fotografia, luminosissima, è di Frank DeMarco che nel 2011 ha infilato un filotto con il promo dark ed elegante di Lady Grey London (sempre con Mitchell, come abbiamo visto), il crepuscolare Margin Call di cui ho parlato l'anno scorso, e infine questo scanzonato L.A.dy Dior: un'ottima annata!

Il video è molto divertente, una degna chiusura per questa serie di "Director's Ads" dedicati alla Dior Lady.


2011 - L.A.dy Dior 
Prodotto: Lady Dior
Regia: John Cameron Mitchell
Fotografia: Frank DeMarco

domenica 6 ottobre 2013

Gravity - Too tough to die


Quell'inguaribile ottimista di Alfonso Cuarón, dopo l'apocalittico e violento I figli degli uomini torna con una pellicola ambientata là dove non c'è suono, nella calma assoluta dello spazio profondo, molti e molti chilometri sopra la superficie terrestre.


Il film si apre con una meravigliosa inquadratura del telescopio spaziale Hubble, affiancato da uno Space Shuttle impegnato in una missione di manutenzione, sullo sfondo il pianeta azzurro, la Terra, si offre in tutta la sua bellezza. Mentre una squadra di astronauti è impegnata in una passeggiata spaziale, uno sciame di detriti spaziali ad altissima velocità causato dall'esplosione di un satellite russo investe lo shuttle uccidendone tutti gli occupanti: gli unici sopravvissuti alla catastrofe sono il veterano dello spazio Matt Kowalsky e la "specialista di missione" alla sua prima esperienza spaziale, la dottoressa Ryan Stone (una biologa che per oscure ragioni ripara schede elettroniche sul telescopio spaziale). Le telecomunicazioni con la Terra sono completamente saltate, i due sono soli nell'immensità, senza alcun possibile aiuto su cui contare. Con mossa disperata, decidono di tentare di raggiungere la stazione spaziale orbitante ISS, spostandosi nello spazio grazie al "jet pack" di Kowalsky. Inizia così una vera odissea nello spazio nel corso della quale la dottoressa Stone dovrà dare fondo a tutte le sue energie nella missione impossibile di riportare la pelle a casa


Il film è stato scritto dallo stesso Cuarón insieme al figlio trentenne Jonás, ha penato un po' per trovare qualcuno che lo producesse ed è poi stato tenuto - chissà perchè - nel cassetto dalla Warner per un paio  di anni. Le interpretazioni di George Clooney nei panni del pilota freddo ed esperto, e sopratutto di Sandra Bullock in quelli della dottoressa spaventata ma pur sempre coriacea sono coinvolgenti, la Bullock in particolare tiene il film praticamente da sola per tutto il tempo, oltre a sfoggiare un fisico incredibilmente "fit" alla soglia dei cinquant'anni.
La fotografia è di Emmanuel Lubezki, messicano come il regista, e si giova di bellissimi pianosequenza (sono soltanto 156 le inquadrature su cui si fonda il film) fra cui alcune aurore "standard" e un'aurora boreale che varrebbero da sole il prezzo del biglietto (la NASA ha contribuito al progetto mettendo a disposizione del materiale video).


L'unico dubbio che resta all'uscita della sala è se questo film abbia un senso al di là di quello di esistere. Il messaggio di fondo è ben riassunto dal claim del film "never let go" ed in effetti al dottoressa Ryan ce la metterà proprio tutta per non mollare mai, messaggio importante per carità, però suvvia...
Alla fine il film si regge sul riprendere due uomini soli persi nell'immenso nel quale sono destinati a sparire, Kowalski all'inizio si dimostra più vivo di una Ryan ormai robotizzata, de-umanizzata dal dolore per la perdita della figlioletta. Nel corso della sua odissea la protagonista impara ad amare la vita proprio per il fatto di essere immersa in un elemento nel quale è impossibile vivere (e la riemersione dalle acque segna simbolicamente una Ryan rinata).


Gravity è un film di molta tecnica, mischiata con il giusto livello di tensione. Della verosimiglianza scientifica non è neppure il caso di parlare, ma per chi saprà passarci sopra è assicurata un'ora e mezza di fiato sospeso e immagini che meritano un solo aggettivo: spaziali.


2013 - Gravity
Regia: Alfonso Cuarón
Sceneggiatura: Alfonso e Jonás Cuarón
Fotografia: Emmanuel Lubezki


giovedì 3 ottobre 2013

Dior - Lady Rouge - Director's Ads


La carrellata sulla serie di corti/video promozionali dedicati alla Lady Dior, uno dei simboli più caratteristici della Maison francese, con protagonista Marion Cotillard si conclude con questo Lady Rouge.

La clip, che è in realtà la seconda della serie, è diretta da Jonas Akerlund, regista specializzato in video musicali  (ha lavorato con Roxette, Smashing Pumpkins, Madonna, U2, Prodigy, Christina Aguilera, Lady Gaga, Rammstein...e molti altri!), pur essendosi cimentato anche in alcuni - dimenticabili - lungometraggi, e non disdegnando la pubblicità.


Nello stile il video è molto simile a un video musicale vero e proprio, in una New York notturna la Cotillard interpreta due distinte anime di "rouge", legate dalla stessa canzone (dei Franz Ferdinand): The Eyes Of Mars. Il riferimento, piuttosto esplicito, a Eyes of Laura Mars di Irvin Kershner crea una circolarità fra musica e cinema, in cui la canzone dei Franz Ferdinand che fa da colonna sonora al video si riferisce al film, il quale a sua volta conteneva una colonna sonora piena di brani pop.
Semiologia a parte la Cotillard offre un'ottima prova come rockeuse,  sarà tutto merito della straordinaria borsetta?



2011 - Lady Rouge
Prodotto: Lady Dior
Regia: Jonas Akerlund
Theme song: Franz Ferdinand