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martedì 4 settembre 2012

The Dark Knight Rises - Il cavaliere oscuro: il ritorno


Dopo la "pausa" di Inception, Christopher Nolan conclude - almeno per quanto lo riguarda - la saga iniziata con Batman Begins. Non si può negare che il franchise sia caratterizzato da una forte impronta autoriale di Nolan stesso che ha colto l'occasione per sviluppare alcuni dei temi che gli sono cari, in primo luogo quello dell'identità.
Il Batman-Bruce Wayne ben interpretato da Christian Bale è - volutamente - uno dei più "realistici"di sempre. Ben ancorato alla cronaca degli ultimi tempi, è un Batman pieno di dubbi e paure: inadeguatezza, dolore, perdita e non - ultima - la paura di restare prigionieri delle proprie stesse paure.
Meno male che i numerosi gadget tecnologici di cui dispone distraggono un po' dalla cupezza dell'atmosfera.


Nolan pesca un po' alla rinfusa dalla cronaca più o meno recente: un po' di 11 settembre,  la crisi economica, il terrorismo, che dapprima crediamo manovrato dal potere finanziario, mentre nel prosieguo si scopre essere l'esato contrario (un po' inquietante, no?). Mi pare di vedere un riferimento anche alla vicende di Occupy Wall Street, in cui le vittime della crisi, abilmente aizzate finiscono per sconfinare in una sorta di rivoluzione francese in cui i ricchi vengono giustiziati da una folla affamata di vendetta (e guidata dallo "Spaventapasseri" Cillian Murphy, personaggio minore ma presente in tutti e tre i film), ma che non può o non sa profittare delle ricchezze "confiscate", in una distruzione che non è per nulla creatrice e non diventa mai una vera alternativa. 


Per il gran finale della saga Nolan ed il fratello Jonathan, sempre con l'aiuto dell'esperto David S. Goyer, costruiscono una sceneggiatura in cui a Batman fanno da contraltare due cattivi: il principale, Bane (Tom Hardy, efficace anche con la maschera) è caratterizzato da un fisico a dir poco preponderante e dall'assenza di punti deboli psicologici. Non teme nulla perché non desidera nulla al di fuori della distruzione. Il secondo vilain è l'immancabile Catwoman interpretata da Anne Hathaway, che a dispetto dei dubbi della vigilia dimostra personalità nel ruolo: meno sorniona e più muscolare delle attrici che l'hanno preceduta nel ruolo, è molto felina nella totale noncuranza per chi è altro da sè. Sul fatto che potesse efficacemente indossare la tutina nera con gli occhiali-orecchie da gatta invece non c'erano dubbi e infatti fa una gran figura.


Se si volesse cercare un motto che racchiude tutto il dipanarsi della vicenda non potrebbe che essere Cherchez la femme. Le donne sono sempre il motore immobile delle vicende. Wayne vive nel ricordo di Rachel (che pure aveva scelto Dent, e lui lo sa), e non riesce a stabilire un rapporto chiaro nè con Miranda Tate (Marion Cotillard, non riesce a risaltare quanto meriterebbe in un personaggio fatto di misura e pacatezza) nè con la sfuggente Selina Kyle, come se non sapesse decidersi se invitarla a cena o spaccarle il grugno. 


Il cast è composto quasi esclusivamente di attori con cui Nolan ha già lavorato fra cui molti britannici (Nolan è di padre inglese). Christian Bale si conferma un Bruce Wayne sofferente e spesso inadeguato, forse la vera chiave del successo della serie, ecco magari avrei evitato la "voce da Batman", che fra l'altro nei dialoghi con il museruolato Bane può essere fonte di involontaria comicità. Tom Hardy è sacrificato dietro alla maschera, però ha una presenza fisica esorbitante e una inquietante luce di spietata follia negli occhi. Michael Caine è sempre un Alfred paterno al punto da farsi da parte come extrema ratio per salvare il suo pupillo. Gary Oldman, patisce un po' il fatto di doverci inevitabilente essere come Commissario Gordon, la sua parte è decisamente ridimensionata rispetto ai precedenti capitoli. Ritroverete Morgan Freeman nel ruolo di Lucius Fox, compaiono inoltre un Mattew Modine piuttosto invecchiato e James Gordon-Levitt in un ruolo minore eppure fondamentale.


La fotografia, come in tutti i film di Nolan, è firmata da Wally Pfister, che gira in IMAX, cioè utilizzando speciali camere a pellicola con una risoluzione elevatissima. La produzione avrebbe preferito che il film fosse girato in 3D, ma regista e direttore della fotografia hanno preferito questa soluzione, che quanto a spettacolarità non lascia nulla a desiderare, particolarmente nelle panoramiche di Gotham City, davvero bellissime e nella scena aerea all'inizio del film.


Secondo me la difficoltà di fare il film che conclude una serie sta nel lasciare tutti i tasselli in equilibrio, il che non è sempre un bene per la sceneggiatura. Il film comunque pur essendo lungo quasi tre ore è spettacolare e divertente nelle scene d'azione. I difetti sono quelli dei film di Nolan: l'eccesso di verbosità dei personaggi ("ora ti farò male, ti ridurrò in povertà e ti segregherò in un paese lontano, ma non senza spiegarti le vicende che mi portano a farti tutto ciò") e le sottotrame un tantino troppo lunghe, come nella storia della prigione.
Alla fine è una degna conclusione, ma consigliata solo a chi ha già visto i primi due capitoli (e magari si è fatto di recente un ripasso del secondo).




mercoledì 1 febbraio 2012

La talpa - Tinker, Tailor, Soldier, Sailor, RichMan, PoorMan, BeggarMan, Thief


Tomas Alfredson, il regista svedese dell'inquietante e (a suo modo) poetico Lasciami entrare passa dalle atmosfere nordiche a quelle plumbee della guerra fredda nei primi anni 70. 
Preceduto da un battage pubblicitario piuttosto convinto, Tinker, Tailor, Soldier, Spy sfoggia un cast di pezzi da novanta britannici, un soggetto tratto da un romanzo di John Le Carré, e una produzione che non lesina in fatto di risorse.

Tailor
La trama di per sé non è complicata: si narra di una riorganizzazione ai vertici del servizio segreto inglese (detto in gergo "il circus") in seguito al sospetto che nell cerchia dei dirigenti si sia infiltrata una talpa al servizio di Karla, il capo del servizio segreto sovietico. George Smiley, un agente del MI6, viene in un primo momento allontanato dal servizio per poi essere incaricato dal ministro in persona di indagare segretamente per scoprire l'identità del traditore, che può essere solo uno dei quattro massimi dirigenti rimasti:  Percy Alleline (Tinker), il capo del "circus", Bill Haydon (Tailor), capo della sezione londinese, Roy Bland (Soldier), capo della sezione paesi oltrecortina, e Toby Esterhase (Poorman) ex agente sovietico sfuggito alle epurazioni ed ora a capo della sicurezza interna.   La vicenda porterà Smiley in contatto con un presunto disertore, il nerboruto agente Ricky Tarr, ricercato da tutti in quanto si presume conosca l'identità della talpa. Le indagini aprono un vero e proprio vaso di pandora, in cui tutte le pecche caratteriali degli integerrimi dirigenti del MI6 vengono impietosamente alla luce. Il metodico Smiley porterà a conclusione, come ovvio, la propria missione, anche se vi sono domande a cui dare una risposta può costare molto caro.

Smiley ed il suo delfino Peter indagano

La trama, come dicevo poc'anzi, di per sè non è complessa, ma il montaggio che spezzetta l'azione sia nel tempo che nello spazio rende quasi impossibile ripercorrere correttamente il filo della vicenda. Nulla di strano: essendo un film sullo spionaggio niente è mai esattamente come sembra e nessuno è proprio come appare da fuori. Ciò che conta in questo film è l'atmosfera: nessuno si fida fino in fondo di nessun altro (e chi lo fa sbaglia), ciascuno cerca di tenere coperte le proprie mosse e tutti (o quasi) hanno un secondo fine: la carriera, un amore, il proprio orgoglio personale da nutrire.

Il mondo de La Talpa è fatto di funzionari pignoli, di analisti pazienti più che di agenti spericolati, anche se come Ricky  Tarr sa, a volte occorre saper sporcarsi le mani.
Lo spionaggio della guerra fredda è una battaglia a scacchi, una lotta a distanza le cui armi sono la forza di volontà e l'intelligenza; è un mondo che ha perso completamente i valori morali e in cui il senso ultimo della battaglia non è certo l'affermazione di un diverso "way of life" (infatti gli agenti non si fanno troppi scrupoli a cambiare parte quando necessario), quanto la dimostrazione della propria superiorità intellettuale.

Il "Controllo" logora chi non ce l'ha

Il cast è esclusivamente europeo, in larga prevalenza anglosassone, le interpretazioni sono tutte di altissima caratura.
George Smiley è impersonato da Gary Oldman (uno dei pochi a diventare, da vivo, un punto di riferimento per una intera generazione di attori, un po' come è successo anche a Sean Penn). George Smiley è il tipico funzionario, anonimo nell'aspetto, preciso, metodico e con una memoria di ferro. Oldman regala a Smiley un aspetto inquietantemente simile a quello di Giulio Andreotti e un volto segnato da oscuri rimpianti.
Colin Firth nella parte di "Tailor" si conferma in un periodo di grazia, un sorriso falsamente imbarazzato è il biglietto da visita di un personaggio che ha molto da nascondere. Il look è elegantissimo.
Tom Hardy, ancora carico dei muscoli messi su per il recente Warrior, è Ricky Tarr, il tormentato agente operativo. E' dai tempi di Black Hawk Down che non sbaglia una mossa, e sembra non avere fretta di emergere. Speriamo non si perda ora che è lanciato.

Ricky Tarr, il duro con un cuore

Altre interpretazioni degne di nota sono quelle di Mark Strong (nome non d'arte, perché l'ha cambiato all'anagrafe, però alla nascita si chiamava Marco Salussolia, di padre italiano, è solo un dettaglio ma me lo rende simpatico); uno degli attori feticcio di Guy Ritchie, apprezzato anche da Ridley Scott (per esempio in Robin Hood). Qui interpreta un commovente agente Prideaux, un uomo che fa il proprio dovere fino in fondo, pur in forte contrasto con i propri sentimenti.
Infine John Hurt (che ricordiamo nel ruolo di Winston Smith in Orwell 1984 di Michael Radford, un sacco di film con Von Trier, una carriera comunque troppo lunga per poter essere riassunta in pochi titoli).
Benedict Cumberbatch trova nel ruolo, tutto sommato secondario, di Peter Guillam una consacrazione al fianco dei più famosi colleghi. E' uno degli uomini del momento: appare nel cast,oltre che de La Talpa, di War Horse e del prossimo Lo Hobbit, oltre ad essere il protagonista della recente serie TV di Sherlock Holmes rivisto in chiave moderna.

Esterhase e Smiley alla resa dei conti

Nonostante l'apparenza di efficienti funzionari pubblici, le spie di Le Carré combattono in primo luogo contro i propri sentimenti, che devono necessariamente essere repressi per non mostrare punti deboli. Le vulnerabilità, tuttavia, non smettono di esistere solo perchè vengono nascoste: covate sotto forma di senso di colpa, di rimpianto, di rimorso si troveranno prima o dopo a deflagrare tanto più forti quanto più sopite.


George Smiley - parente di Andreotti?

Il film è illuminato da una luce livida, i colori paiono attutiti, stemperati in un grigiore che pervade tutto, quasi fosse la materializzazione del tentativo delle spie di non farsi notare e della cappa di pesantezza che incombe su tutti coloro che hanno qualche attinenza con il "circus".
Il colore irrompe collegato all'espressione dei sentimenti, sia in Turchia nella love story di Ricky Tarr, sia - in modo piuttosto evidente - nella sequenza finale in cui Smiley si riapproria di un circus finalmente purgato dalla cappa di invidie e sospetti nella quale era precipitato.

In sintesi un film un po' in controtendenza, con senso di misura nell'azione ed un ritmo non incalzante. Chi per "spy story" intende film alla Mission Impossible resterà deluso, chi invece ricorda con ripianto i tempi de Il giorno dello sciacallo ne resterà entusiasta. Personalmente l'ho trovato divertente e interessante per lo sguardo di scorcio sugli anni 70 che nel cinema italiano sono sempre stereotipati sugli anni di piombo o sulla banda della Magliana. Un'occhiata oltre frontiera non può che far bene!

Gary Oldman - Smiley, al posto che gli compete