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mercoledì 9 aprile 2014

Her


Di Spike Jonze e del suo talento per i video musicali ho già parlato; finalmente posso parlare del suo talento di cineasta. Her, la sua ultima fatica, è un film spiazzante, apparentemente minimalista, in realtà pieno di citazioni, richiami e idee originali; il tutto impacchettato in confezione superlusso con fotografia, scenografia, costumi e musiche di assoluto spessore artistico.


La storia, ambientata in un'epoca futuribile ma non così lontana dalla nostra, è quella di Theodore un uomo che si guadagna da vivere scrivendo lettere (su carta) per conto dei clienti di un sito web. Tehodore scrive lettere emozionanti e piene di passione anche se nella vita privata è reduce da una dolorosa separazione che lo confina in una vita solitaria e priva di reali contatti umani, se si eccettua la fedele amica Amy.
Un giorno Theodore acquista un nuovo sistema operativo per computer, OS1, che si caratterizza per avere una altissima interattività, al punto di essere pubblicizzato come un sistema dotato di coscienza. Il software, in effetti, si spinge oltre le promesse: Samantha, questo il nome scelto dal sistema operativo, inizia una vera e propria relazione sentimentale con Theodore. Inutile dire che la cosa creerà problemi a tutti e due.


Joaquin Phoenix interpreta il protagonista, Theodore, sicuramente è l'attore giusto per questa parte. I baffetti lo fanno assomigliare in modo inquietante a Kevin Kline, i pantaloni a vita alta sono gli stessi che indossava Higgins, il maggiordomo della serie Magnum P.I.. Amy Adams è Amy, l'amica di sempre di Theodore, una creatrice di videogiochi che vorrebbe fare la documentarista, insoddisfatta di sè esattamente come Theodore, anche lei troverà conforto in un OS. Rooney Mara è la ex moglie Catherine. Agli occhi di Theodore affascinante quanto un OS, ma un po' meno controllabile. Olivia Wilde è la ragazza con cui Theodore ha un appuntamento al buio: sola ed alla ricerca di amore, come tutti in questo film.
Scarlett Johansson dona la propria voce, sexy ma ironica, a Samantha, l'OS di cui si innamora Theodore.


Grandissima attenzione a scenografie e costumi; lo stile generale è minimalista un po' radical-chic; grande cura dei materiali, legno, vetro e alluminio per le scenografie, cotone naturale per i costumi. La palette colori per i costumi prevede pochi colori molto ricorrenti: rosso (salmone, arancio, zucca...), giallo (limone, sabbia, crema...), verde e grigio. Mancano totalmente oggetti che consentano una collocazione temporale precisa: non ci sono automobili (Theodore si sposta in treno ma si vede solo l'interno), non ci sono accessori di moda (cinture, orologi, etc...). Il team tecnico è formato da collaboratori di lungo corso di Jonze, più Hoyte Van Hoytema, che ha curato la fotografia di film come Lasciami entrare, The fighter, La talpa.


Stilisticamente di tanto in tanto il film ricorda qualche passaggio dell'ultimo Malick (ad esempio The tree of life) nelle solarizzazioni e nei toni di voce sussurrati.
L'OS1 di Her nel modo di parlare ricorda in qualche modo HAL 9000, ma probabilmente ha molti padri: Ghost in the shell per la facilità di integrazione del pensiero artificiale nel mondo umano, A.I. per la possibilità che hanno le macchine di provare sentimenti, per esempio. Jonze sa coniugare la visione poetica con una estetica straordinaria e un sottile sense of humour. Il suo mondo futuribile non è così diverso dal nostro presente: le persone sono sole, disperate, impaurite dai propri sentimenti: in fin dei conti è più semplice stabilire un rapporto con un essere tecnologico piuttosto che affrontare i rischi di un rapporto con una persona reale. Il tema mi pare tutt'altro che in anticipo sui tempi.

Quel che di spiazzante che ha il film è probabilmente la consapevolezza che, pur non avendone ancora (totalmente) sviluppato la tecnologia, siamo già ora come i personaggi di Her e, come loro, sappiamo benissimo che la tecnologia può renderci la vita più facile, ma difficilmente riuscirà a cambiarci nel profondo.
Non saprei dire di preciso quale corda riesce a toccare Jonze, però ho notato che alla fine della proiezione praticamente tutte le coppie presenti in sala si sono baciate. Il fatto mi è parso notevole.


2014 - Lei (Her)
Regia: Spike Jonze
Fotografia: Hoyte Van Hoytema
Musiche: Arcade Fire
Scenografie: K.K. Barrett
Costumi: Casey Storm

venerdì 3 gennaio 2014

American hustle - L'apparenza inganna


David O. Russell sarà anche noto per le proprie intemperanza sul set (che lo hanno spesso portato a  furiose liti con importanti nomi dello star system), ma se il risultato continua a mantenersi sui livelli che ha raggiunto ultimamente, possiamo anche dire: ecchissenefrega!


Il regista più in voga del momento ha raccolto intorno a sè una collaudata squadra di interpreti: da The Fighter sceglie Christian Bale (là ridotto ai minimi termini, qui invece ingrassatissimo) e una sempre grande Amy Adams; da Il lato positivo si porta dietro Bradley Cooper, la donna dell'anno Jennifer Lawrence e il lusso di una comparsata di Robert De Niro.
La storia è ambientata - con costumi e scenografie molto convincenti - nei tardi anni 70, si racconta di Irving e Sidney (Bale e Adams), una coppia di truffatori di piccolo cabotaggio incastrati dall'agente dell'FBI Richie DiMaso (Cooper) al fine di farsi aiutare nella cattura di alcuni politici corrotti, primo fra tutti il sindaco di una depressa cittadina del New Jersey, Carmine Polito (Jeremy Renner) che vorrebbe far rinascere i fasti della città di Atlantic City (storicamente una mecca per giocatori, mafiosi e contrabbandieri grazie ai suoi casinò e alle bische più o meno clandestine) per creare nuovi posti di lavoro.
Per attrarre il politico, l'FBI si inventa un fantomatico sceicco interessato a finanziare l'operazione. Quando la mafia viene (inevitabilmente) coinvolta nella truffa, Irving si sente ormai perso. Ma in un mondo dove l'apparenza inganna (come recita il controtitolo italiano) chi è truffato e chi è truffatore si capirà solo alla fine.


Fantastiche le scenografie di Judy Becker, collaboratrice abituale di Russell ma autrice anche di quelle - superlative - di Hitchcock; spettacolari i costumi di Michael Wilkinson (300, Watchmen, Tron Legacy, L'uomo d'acciaio, i due Breaking Dawn). Amy Adams dopo diversi ruoli da brava ragazza può finalmente far uscire un lato sexy (che scollature!) sopito quanto efficace, Christian Bale con ventrazza e riporto è semplicemente impressionante; Jennifer Lawrence a ventitre anni dimostra una maturità artistica ormai compiuta.
Alcune scene davvero geniali, fra tutte scelgo quella dove Carmine e Irving al ristorante cantano Delilah con trasporto molto popolare.


L'ottima sceneggiatura è scritta originariamente da Eric Warren Singer con il titolo di American Bullshit e successivamente riveduta insieme al regista. Se gli aspetti estetici legati al periodo di ambientazione e alle trasformazioni fisiche degli attori colpiscono immediatamente l'immaginario dello spettatore, man mano che la trama si dipana fra colpi di scena e sorprese continue, quello che emerge è l'aspetto culturale: i personaggi di American Hustle ingannano e truffano perchè non si aspettano più nulla dal prossimo: nè dallo Stato, nè dai politici, nè dai propri amici. I federali e i magistrati non ricercano la giustizia, ma un posto in prima pagina che li aiuti a far carriera, arrestando politici affaristi che fanno più o meno la stessa cosa. Ognuno pensa solo per sè cercando di emergere come può: un sottobosco culturale dal quale è facile immaginare di vedere spuntare un modello culturale alla Gordon Gekko, avido ed amorale ma a suo modo sincero. Ne riparleremo forse quando uscirà il prossimo The wolf of Wall Street.
Altamente consigliato, due ore e un quarto che riconciliano con il grande schermo. Fortunatamente in periodo vacanziero trovare il tempo non vi sarà difficile.


2013 - American Hustle L'apparenza inganna (American Hustle)
Regia: David O. Russell
Sceneggiatura: Eric Warren Singer, David O. Russell
Musica: Danny Elfman
Costumi: Michael Wilkinson
Scenografia: Judy Becker

giovedì 7 novembre 2013

American Hustle - Read and be ready


Se il giorno dopo Capodanno avrete ancora qualche energia residua potrete utilizzarla per andare alla prima di American Hustle di David O. Russell (autore di The Fighter e Il Lato Positivo), anche se in un primo momento sembrava che il film dovesse essere diretto da Ben Affleck (dopo Argo considerato forse uno specialista del periodo?)

Si tratta di una torbidissima storia di truffe, corruzione e operazioni di polizia condotte con pochi scrupoli. Sicuramente una buona sceneggiatura sostenuta da un cast di tutto rispetto che vede fra i protagonisti Bradley Cooper, Christian Bale, Jeremy Renner, Amy Adams, Jennifer Lawrence e l'intramontabile De Niro.

L'aspetto che incuriosisce più di tutti è però l'ambientazione nei tardi anni 70 con costumi, acconciature, bigodini, lacca, paillettes, giacche con revers enormi; già da mesi vengono sapientemente diffuse foto di scena dei protagonisti in costume "d'epoca". Anche la colonna sonora dovrebbe essere compsta da memorabilia del periodo, il trailer qua sotto ad esempio contiene una esaltante Good times bad times dei Led Zeppelin, e se il buongiorno si vede dal mattino...

In uscita, salvo ripensamenti, per il 1° di gennaio prossimo, come avrete capito penso sia un titolo da non perdere!


2013 - American Hustle
Regia: David O.Russell
Sceneggiatura: Eric Warren Singer, David O. Russell
Musica: Danny Elfman
Costumi: Michael Wilkinson

martedì 2 luglio 2013

L'uomo d'acciaio - Superman Superstar


Ebbene sì, nonostante l'assenza dal blog dovuta alla sacrosanta luna di miele, ho biecamente approfittato della passione per i fumetti di mi mia moglie per convincerla che in viaggio di nozze è in-dis-pen-sa-bi-le andare almeno una volta al cinema, soprattutto se si tratta di festeggiare l'uscita del reboot della serie di Superman firmato Synger/Nolan: L'uomo d'acciaio.
L'esperienza in sè si è rivelata piuttosto istruttiva: nella catena di multisala in cui abbiamo visto il film (CINESA) si proiettano (un film diverso ogni settimana) film "vecchi" di vario genere, oltre ad avere un nutrito programma di seconde visioni degli ultimi blockbusters. In Italia non mi è praticamente mai capitato di vedere iniziative simili, se si escludono i remaster in 3D (e il programma del Museo del Cinema che la mia città ha la fortuna ed il merito di ospitare). Ecco, prima di lamentarci che il mercato è in crisi e la gente non va più al cinema, una riflessione su che cosa offrono oggi le sale italiane sarebbe forse opportuna.


Detto questo, passiamo al film vero e proprio. Abbandonata l'ipotesi di dare un sequel a Superman returns con Kevin Spacey e Brandon Routh (che comunque a me era piaciuto), la Warner optò per un reboot della serie, suffragata nella decisione dal successo di Batman Begins, e dall'ingaggio dello stesso Christopher Nolan nella veste di produttore esecutivo della pellicola. Alla regia, dopo aver vagliato diverse ipotesi (fra cui Guillermo Del Toro, Bob Zemeckis e Ben Affleck), uno specialista dei fumetti come  Zack Snyder (300, Watchmen).


Il film riprende la storia di Superman - Kal-El fin dalla nascita sul pianeta Krypton, discostandosi nell'evoluzione della trama quel tanto che basta da lasciarsi un ampio ventaglio di possibilità per i capitoli futuri. Superman cresce sulla terra, a Smallville, Kansas come Clark,  figlio adottivo di Jonathan e Martha Kent. Fin dall'infanzia si manifestano in lui poteri sovrumani che lo fanno sentire "diverso". Al raggiungimento dell'età adulta, ed in seguito alla morte del padre adottivo, Clark parte per un viaggio alla ricerca di se stesso, nel corso del quale più volte dovrà utilizzare i propri poteri per risolvere situazioni critiche. Nel frattempo il generale Zod, acerrimo nemico del padre biologico di Clark, Jor-El, riesce a liberarsi dall'esilio al quale è stato condannato ed arriva sulla terra per regolare i vecchi conti e distruggere il pianeta, trasformandolo in un nuovo Krypton.


Il ruolo di Superman è stato affidato a Henry Cavill, uno che ha più volte sfiorato la grande occasione (è stato in predicato di essere Superman nel film di Synger, 007 al posto di Daniel Craig e Edward Cullen al posto di Pattinson in Twilight). Forse fin troppo figo per il ruolo di Clark Kent, se la cava più che dignitosamente in tutina (senza i mutandoni rossi, giudicati out of fashion dai costumisti). Lois Lane, che ha un grande spazio e rilevanza nella trama è Amy Adams (di cui ho già parlato bene a proposito di Di nuovo in gioco, e qui confermo), che pur fornendo una buona prova toglie a Miss Lane quella punta di spregiudicata fame per la notizia che la contraddistingue.
Russel Crowe è un ottimo Jor-El, serafico e sicuro di sè, Kevin Costner si ripresenta in forma al grande pubblico, dopo un periodo pe rla verità piuttosto appannato. Diane Lane è ancora e sempre una fuoriclasse. Laurence Fishburne è Perry White, il direttore del Daily Planet (anche lui un po' troppo buono, rispetto alla filologia del personaggio). I cattivi sono muscolosi e malvagi, ma troppo "marines gone bad" per essere ricordati a lungo.


Fin dagli esordi Superman ha avuto un che di messianico (il che mi ha fatto pensare a un Jesus Christ Superstar in versione muscolare): la storia del salvatore venuto dal cielo che si fa uno di noi, cresce in una famiglia normale e - maturati i tempi - si rivela parla da sola, Snyder però schiaccia troppo l'acceleratore sull'analogia: Clark Kent diventa Superman a 33 anni, poi si consegna come agnello sacrificale "per la salvezza di tutti" al generale Zod, infine aiuta gli umani a liberarsi "da soli" grazie al loro stesso decisivo intervento. Anche l'aspetto iconografico, però, è piuttosto esplicito: il Clark Kent barbuto nella prima parte del film, la scena in chiesa con l'evidente accostamento di Clark all'immagine del Cristo, la passione di Kal-El per librarsi in volo a braccia aperte come un crocefisso.

Anche in questo film, come in molti altri recenti (lo noto fin da The avengers, ma ultimamente è un'epidemia: Iron Man 3, Oblivion, Star Trek Into Darkness, Olympus has fallen, White House down, lo stesso Il cavaliere oscuro e chi sa quanti altri in uscita a breve) registro un gusto preoccupante per la demolizione catastrofica di New York, Washington, Los Angeles insomma qualsiasi significativa conurbazione statunitense. Fatte salve le recenti tragiche  vicende di Chicago, mi domando perché gli americani si sentano così sotto minaccia di devastazione: dieci anni fa si poteva capire, ora - francamente - molto meno, o forse sta succedendo qualcosa nella politica e nell'anima a stelle e strisce che io non sono in grado di interpretare.

La violenza contro cose e persone ne sconsiglia la visione almeno a chi è ancora alle elementari. Per tutti gli altri, quasi due ore e mezza di ottimo entertainment, con i migliori auguri a Cavill, che mi pare maturo per un salto di carriera.

2013 - L'uomo d'acciaio (Man of steel)
Regia: Zack Snyder
Sceneggiatura: David S. Goyer, Zack Snyder, Kurt Johnstad
Costumi: James Acheson, Michael Wilkinson
Fotografia: Amir Mokri
Scenografia: Alex McDowell

venerdì 29 marzo 2013

Man of steel - Read and be ready



C'era proprio bisogno di un'altro film su Superman? Il quesito in effetti è legittimo, per avere una  risposta dovremo aspettare fino al 19 di giugno prossimo quando uscirà in Italia L'uomo d'acciaio.
La produzione è di primissimo ordine: la regia è affidata a Zack Snyder, una sicurezza quando si tratta di tradurre i fumetti in immagini in movimento (è il regista di 300, ma soprattutto del coraggioso e buio Watchmen), la produzione è firmata da Christopher Nolan, fresco reduce dalla trilogia di Batman Begins/Returns.

Di assoluto rispetto il cast, che vede Russel Crowe nei panni di Jor-El, il padre naturale di Superman. Nel ruolo dei genitori adottivi Jonathan e Martha Kent rivedremo Kevin Costner e Diane Lane.
Perry White (il direttore del Daily Planet) sarà interpretato da Laurence Fishburne,  una scelta che mi pare molto azzeccata, mentre Lois Lane è impersonata da quella Amy Adams di cui parlai molto bene in riferimento a Ancora in gioco.
Il ruolo del protagonista è stato vinto dall'inglese Henry Cavill (il belloccio di cui si innamora Evan Rachel Wood in Basta che funzioni di Woody Allen) dopo che erano state vagliate le candidature di Matthew Goode, Zac Efron (vi prego no! Lui Superman no!), Armie Hammer e  Joe Manganiello, che ha perso il ruolo solo a causa degli impegni nel serial TV True Blood.

La storia trae spunto da una serie di sei albi a fumetti pubblicati negli anni 80 dalla DC Comics e si concentra sulla nascita del supereroe dall'infanzia fino all'arrivo a Metropolis con la presa di coscienza da parte di Clark Kent delle proprie possibilità e delle proprie radici divise fra Krypton, dove è stato concepito, e la Terra dove è a tutti gli effetti nato.

Il film mi pare promettere bene, spero soltanto che l'influenza di Nolan non si faccia troppo sentire: il suo esistenzialismo superficiale ha già messo in pericolo dei film tutto sommato belli come quelli di Batman. Preferirei sentire Clark Kent urlare "Questa è Sparta!!" piuttosto che vederlo farsi prendere per il naso da una terrorista psicopatica.

Di questo film riparleremo a tempo debito; il motto non cambia: prima vedere poi giudicare!




2013 - L'uomo d'acciaio (Man of steel)
Regia: Zack Snyder
Fotografia: Amir Mokri
Musiche: Hans Zimmer


lunedì 10 dicembre 2012

Di nuovo in gioco - Blues before sunrise


Dopo aver annunciato il proprio ritiro dalle scene come attore, Clint Eastwood ritorna sui suoi passi in Di nuovo in gioco, pessimo titolo italiano per Trouble with the curve una espressione da baseball intraducibile nella nostra lingua ma che si riferisce a quel punto debole che tutti abbiamo che ci impedisce di essere "campioni".
Prima premessa: si tratta di un film con Clint, non di Eastwood. Il regista è infatti Robert Lorenz, uno dei collaboratori storici di Eastwood, normalmente in veste di produttore. Come disse Francesco De Gregori, tra bufalo e locomotiva la differenza salta agli occhi.
Seconda premessa: non è un film sul baseball più di quanto Gran Torino lo fosse sul giardinaggio, lo spettatore non si lasci scoraggiare dallo sport più noioso del mondo, è del tutto marginale.
Avvertenza numero tre: sì, sono tutti e due burberi, ma chi vi dice che il personaggio di Eastwood è uguale a quello di Walt in Gran Torino o non ha visto tutti e due i film o è un cretino, tanto per parlar chiaro.


Il film racconta le vicende di Gus Lobel (Eastwood), un talent scout ormai a fine carriera che lavora per una squadra  di baseball professionistico. Dal momento che ha problemi con la vista Pete (John Goodman), dirigente della squadra e vecchio amico di Gus chiede alla figlia di questi, Mickey (Amy Adams, in forma smagliante) di accompagnarlo in North Carolina per valutare l'acquisto di una stella della squadra locale. Mickey sta facendo carriera in un prestigioso studio legale e non vorrebbe partire, ma alla fine cede per avere un'ultima occasione di dialogo col padre, che è di carattere piuttosto burbero. Una volta arrivati in loco  i due incontrano Johnny (Justin Timberlake, sempre più a suo agio sul grande schermo), un ex atleta scoperto da Gus che a seguito di un nfortunio sta tentando di divenire telecronista per la squadra dei Red Sox. In segreto Phillip (Matthew Lillard), un altro dirigente della squadra per cui lavora Gus patito delle statistiche elaborate al computer, invia un suo osservatore.
Fra riavvicinamenti e incomprensioni i personaggi si ritroveranno infine ad Atlanta nello stadio dei Braves (la squadra di Gus) dove tutti i nodi verranno al pettine.


Per chi si aspetta la profondità e la poesia degli ultimi lavori di Eastwood, be' vi state sbagliando! Trouble with the curve è un pranzo in trattoria: piatti tradizionali e nessuna alzata di ingegno, in compenso è realizzato con mestiere e all'uscita dal locale lascia sazi e soddisfatti.
Clint a 82 anni sa benissimo come rappresentare il vecchio orso che perde qualche colpo ma non lo vuole ammettere, prima di tutto con se stesso. Il tema portante del film, tuttavia, è il rapporto padre-figlio e l'avvicendarsi nel grande cerchio della vita, con i figli che, prova e riprova, capiscono finalmente qual'è la propria strada, e la imboccano con decisione: sono padre e figlia Gus e Mickey (grande alchimia fa Eastwood e la Adams), sono padre figlio in qualche modo anche Gus e Johnny (l'uno è creatura dell'altro) sono padre e figlio nella vita Clint Eastwood-Gus e il giocatore con la nostalgia della mamma Scott Eastwood-Billy. La descrizione del rapporto fra padre e figlia, fatto di inevitabili incomprensioni, conflitti di caratteri in realtà simili e ricerca di attenzione ed approvazione da parte del poco comunicativo genitore strapperà qualche lacrima a diverse fanciulle in sala.


I temi trattati dal film sono quelli da sempre cari ad Eastwood: tradizione, famiglia, difficoltà di comunicazione e sospetto per la tecnologia quando si sostituisce all'uomo invece di aiutarlo. L'osservazione, anche con le orecchie se necessario, ma io direi soprattutto col cuore, non può essere sostituita dalla fredda statistica (che fra l'altro è sempre una interpretazione ndr).
Verso il finale il film sbraca un po' troppo nel buonismo da favola moderna, ma nel complesso si tratta di un'ora e cinquanta sì di stereotipi ma piacevoli e rassicuranti, un po' come il blues che ascoltano Mickey e Johnny: si sa già com'è ma in fondo la sua forza è proprio di essere uguale a se stesso ma tutte le volte un po' diverso, e poi...funziona sempre!



2012 - Trouble with the curve (Di nuovo in gioco) 
Regia: Robert Lorenz
Sceneggiatura: Randy Brown
Fotografia: Tom Stern