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venerdì 5 luglio 2013

The Lone Ranger


Come vi avevo annunciato fin dall'epoca prenatalizia, è uscito ier l'altro The Lone Ranger di Gore Verbinski.  Dopo aver spolpato fino all'osso la saga dei Pirati dei Caraibi (è non scommetterei che sia finita qui), l'accoppiata Jerry Bruckheimer e Gore Verbinski ritenta il colpaccio con il filone western, ma affidandosi ancora una volta all'istrionica verve di Johnny Depp.


Quanto a trama e "parentele importanti" del personaggio di John Reid (il ranger mascherato) ho già scritto in precedenza, vi invito quindi a rileggere il "Read and be ready". Il registro scelto è lo stesso dei Pirati dei Caraibi: avventuroso ma buffo, con l'indiano Tonto che parla con "lo spirito del cavallo", la natura "squilibrata" (teneri leprotti carnivori, cavalli etilisti e funamboli e così via...) e un personaggio principale ingenuo ed idealista che fatica tremendamente ad appropriarsi del ruolo dell'eroe senza macchia e - soprattutto - senza paura.
Scenografi e costumisti fanno, comme d'habitude in Verbinski, un lavoro grandioso ricostruendo un west selvaggio e splendido dove non viene trascurato quasi nessuno degli ambienti tipici del genere: il treno, dentro e fuori, il saloon con le donnine, la miniera, la fattoria, il villaggio indiano ma soprattutto la natura: sconfinata e maestosa.


Armie Hammer, alla prima prova da protagonista è forse l'interprete che funziona meglio: gran fisico, quel tanto di grinta che serve ma senza prendersi troppo sul serio, lascia un bel segno sulla pellicola. Johnny Depp con un pesante make up aggiunge un'altro personaggio alla sua galleria picaresca. Non è la prima volta che Depp interpreta un nativo americano (anche se le analogie con The Brave finiscono qui). Indubbiamente lo stile recitativo è identico a quello del capitan Jack Sparrow, insomma un po' dejà vu. Ruth Wilson è Rebecca la moglie-cognata dei fratelli Reid: da un lato ha l'allure necessaria per rendere la durezza della donna, dall'altro io non riesco a dimenticare il suo personaggio in Luther: quando la vedo mi fa paura! Helena Bonham Carter: senza voto, è un peccato che ad un personaggio così potenzialmente interessante sia stato concesso un minutaggio così basso: spero si possa rifare nei sequel (sembra siano previsti altri due capitoli). I comprimari sono di altissimo livello: Tom Wilkinson è proprio perfido (guardate la sua interpretazione in Rocknrolla di Guy  Ritchie, un capolavoro, ma anche qui non scherza), William Fichtner meritava una chance di proporsi al grandissimo pubblico e se la gioca benissimo. Pochi riusciranno a  riconoscere nel capitano di cavalleria lo stesso attore del broker di wall street amico di Monty Brogan in La 25a ora,  merito di Barry Pepper e di un pizzetto alla Custer nient'affatto casuale.


L'operazione tentata da Bruckheimer mi pare riuscita: il film è divertente, con quel tanto di sangue per far capire che i cattivi non meritano pietà e la lunghezza della pellicola non pesa troppo. Le note del Guglielmo Tell sulle scene finali dell'inseguimento fra treni sono estremamente efficaci.
Se Tarantino con il suo Django Unchained si è ispirato allo spaghetti western più cupo, è palese che Verbinski un paio di film con Terence Hill se li sia visti; Trinità (la scena con Hammer sulla slitta trainata dal cavallo è una citazione bella e buona) ma a mio avviso anche  Il mio nome è Nessuno con Peter Fonda: l'importanza della ferrovia che - nel bene e nel male - porta la civiltà, la corruzione dei potenti contrapposta al senso morale dei pochi, l'atmosfera tutto sommato scanzonata dove anche morire non fa poi così male.
Ci si potrebbe domandare però cosa nel nostro cinema attuale potrebbe fornire l'ispirazione di domani agli americani del 2030, discorso troppo impegnativo per affrontarlo qui ed ora!


Nonostante le critiche non siano generalmente molto positive e non sia di certo un film che farà epoca (come a suo modo è stata la serie dei Pirati) mi sento di consigliarlo dai 10 anni in su: divertente e con una spolverata (appena appena ma c'è) di epico che nel vecchio west non sta mai male. Inoltre, a ben vedere il deus ex machina di tutta la vicenda è un cavallo, ed io per gli equini ho un occhio di riguardo.

2013 - The Lone Ranger
Regia: Gore Verbinski
Musiche: Hans Zimmer
Costumi: Penny Rose
Fotografia: Bojan Bazelli


lunedì 17 dicembre 2012

The lone ranger - Read and be ready


Il regista Gore Verbinski e il produttore Jerry Bruckheimer, dopo aver realizzato i primi tre capitoli della saga Pirati dei Caraibi, tornano insieme in una pellicola che riprende uno storico personaggio della radio prima e della TV negli anni 50: The lone ranger.
Ignoro se in Italia sia mai stato programmato e se abbia avuto successo, di certo io non mi ricordo di averlo mai visto. Comunque, il personaggio è quello di un ranger del Texas, non poi tanto solitario, visto che è sempre accompagnato dal fido cavallo bianco Silver e dall'indiano Tonto (absit iniuiria verbis), in compagnia dei quali cavalca nel west per combattere l'ingiustizia.
Il ranger Reid, è fra l'altro destinato ad essere l'antenato di un vero e proprio supereoe: Green Hornet, che altri non è se non Britt Reid, bisnipote del cavaliere solitario che - guardacaso - come lui si nasconde dietro una mascherina e si fa aiutare da una spalla "non bianca", Kato (nei telefilm interpretato da un giovane Bruce Lee).

Ma torniamo a noi: il film ripropone la vicenda della nascita del personaggio: alcuni rangers, comandati dal capitano Reid vengono abbattuti in un'imboscata ad opera del cattivo Butch Cavendish (il personaggio però nei telefilm si chiamava "colonnello Smith"). Uno di essi, il fratello minore del capitano,  sopravvive e viene salvato da un pellerossa di nome Tonto, che più tardi gli consiglierà,per meglio compiere la propria vendetta, di "restare morto" e salvaguardare la propria privacy nascondendosi dietro alla maschera, poeticamente confezionata utilizzando gli abiti del defunto fratello maggiore. Il lone ranger viene quindi alla luce come un eroe mascherato, di cui si dice non possa essere ucciso in combattimento, essendo tornato dal mondo dei morti.

Ieri così...

Spettacolari le locations selezionate: lo Utah, con gli incredibili paesaggi modellati dal vento all'interno del famoso Arches National Park, ma anche New Mexico e California.

Come già sperimentato nel franchise dei Pirati dei Caraibi, il registro è avventuroso ma con un certo gusto per l'umorismo e l'ironia.
Il personaggio principale è affidato ad Armie Hammer (The social networkJ. Edgar), che dopo il principe belloccio di Biancaneve di Tarsem Singh ha un'altra occasione per dimostrare caratura da protagonista; Johnny Depp,  dopo il capitano Sparrow  si toglie la soddisfazione di inventare una nuova fantasmagorica mascherata nel ruolo di Tonto. I ruoli femminili sono appannaggio di Helena Bonham Carter e Ruth Wilson (la psicopatica-killer Alice Morgan del serial TV Luther). Date le premesse possiamo sperare in grandi e divertenti interpretazioni, vedremo e giudicheremo a tempo debito!

...oggi colà!

A causa dello stratosferico budget previsto, di ben 255 milioni di dollari, ed alle conseguenti difficoltà nel reperire questo oceano di denaro, l'uscita del film è stata più volte rinviata.
Prevista originariamente per il 21 dicembre 2012, la release è stata rimandata in un primo momento a maggio 2013, ed è attualmente annunciata per il 3 luglio (negli USA). In Italia spero che non lo vogliano stroncare mandandolo allo sbaraglio nel periodo estivo, sarebbe invece un ottimo titolo per movimentare il rientro dalle vacanze.

La visione del trailer mi lascia fiducioso che si tratti anche questa volta di un grande spettacolo, per di più girato nel mio beneamato formato anamorfico e non in 3D!



2013 - The lone ranger
Regia: Gore Verbinski
Fotografia: Bojan Bazelli
Scenografia: Jess Gonchor
Musiche: Hans Zimmer




giovedì 10 febbraio 2011

Il discorso del re - The king's speech


E’ un Albert-Giorgio VI piuttosto preoccupato quello che si accinge a pronunciare un discorso davanti al microfono che, dallo stadio gremito di gente dove si trova, trasporterà la sua voce in tutto il regno attraverso la radio. E come scopriamo subito, ha i suoi buoni motivi visto che è affetto da balbuzie fin dalla più tenera infanzia. Il discorso si risolve in un disastro, ma Albert affronta l’umiliazione con dignità davvero regale. Si vedrà nel prosieguo che ha la grande dote di essere uomo di fegato.

Il film di Tom Hooper (Il maledetto united, Red dust con Hilary Swank) che si avvia a far man bassa di premi ai prossimi Oscar, pur non essendo un capolavoro dal punto di vista artistico, ha il pregio di piacere a tutti senza essere banale, il che non ci sembra poco.
In alcune sale la pellicola è proiettata in versione originale sottotitolata, per coloro che conoscono l'inglese ci sentiamo di consigliarla.

La trama segue le vicissitudini di Albert di York, figlio cadetto di re Giorgio V, alle prese con le difficoltà nel sostenere un ruolo pubblico al confronto con un genitore energico ed un fratello (David-Edoardo VIII) brillante. Per ovviare al difetto di pronuncia, giudicato limitante a fronte dell’avvento della comunicazione di massa, si sottopone a estenuanti quanto ridicole cure presso i migliori specialisti. Quando ormai sembra aver perso ogni speranza, la devota moglie Elizabeth – la futura popolarissima Regina Madre – scova un eccentrico logopedista australiano, Lionel Logue, a fianco del quale Albert inizierà un percorso di cura che porterà alla radice del problema, cioè l’aspetto psicologico. Alla morte di Giorgio V , David-Edoardo VIII ascende  al trono ma vi rinuncia dopo pochi mesi per convolare a nozze con Wallis Simpson, americana anticonformista (a essere gentili) e pluridivorziata.
Albert, suo malgrado, si trova a regnare in tempi particolarmente duri. Dovrà pronunciare un difficile discorso radiofonico in occasione dell’entrata in guerra del Regno Unito contro la Germania di Hitler.  A dispetto delle differenze di classe, delle incomprensioni personali e delle resistenze della corte, Lionel e Albert, due amici, due persone, uniranno gli sforzi nel tentativo di consentire al re, con il proprio discorso, di trasmettere fiducia e coraggio alla nazione intera.
La storia ci dice che i due rimasero amici per tutta la vita.

Dal punto di vista tecnico il film è interessante, senza strafare. Le scenografie sono efficaci, sia nel lusso senza eccessivo sfarzo dei palazzi reali, sia nello spoglio studio di Logue. I costumi maschili sono di grande eleganza, quelli femminili, a nostro giudizio, peccano di eccessivo understatement. Le inquadrature durante i discorsi pubblici di Albert si fanno avvolgenti e deformano il pubblico in modo ansiogeno per rappresentare le paure di Albert.

Fra gli interpreti segnaliamo un Colin Firth magistrale nell'interpretazione di Giorgio VI; Geoffrey Rush nel ruolo di Lionel Logue non cede alla tentazione di caricare il lato dissacratorio del proprio personaggio mentre Elena Bonham Carter, dopo gli ultimi film di Tim Burton e la saga di Harry Potter, ha finalmente a disposizione un ruolo - Elizabeth di York -che le rende giustizia e non si lascia scappare l’occasione per regalarci un’ottima interpretazione! Infine Guy Pearce regala la propria faccia da… impunito a un convincente Edoardo VIII.

Il film, come già visto in Invictus di Clint Eastwood, analizza un preciso episodio della vita di un personaggio storico. Ci troviamo forse all’inizio di un filone di cinema “agiografico”? Lo sapremo nei prossimi anni.
Quello che colpisce nella pellicola di Hooper è la serietà dei personaggi. Sono però seri, non seriosi. Ciascuno (eccetto Edoardo VIII che sceglie di privilegiare la vita privata) è cosciente del proprio ruolo e non si concede personalismi. Albert Giorgio VI è un leader “vulnerabile”, ha piena coscienza dei propri limiti, nutre dubbi sulle proprie capacità e tuttavia non rinuncia a lottare nonostante le ripetute umiliazioni. Non è facile per nessuno essere all’altezza del proprio ruolo, non è facile essere un leader; ma anche se la vita non va come previsto, l’unico modo per farcela è mettersi costantemente in gioco, senza indulgere all’autocommiserazione. Una “regale” lezione, tanto più convincente, visto che la storia è vera!

Secondo Sabatini-Colletti la definizione di Maestoso è “Che manifesta o denota maestà; che suscita ammirazione e rispetto”. Sia per la regia che per screenplay, interpretazione e - soprattutto - personaggi, quale aggettivo migliore di questo? 

venerdì 26 marzo 2010

Alice: solo chi è pazzo cambia il mondo



Lo confessiamo: siamo fan della prima ora di Tim Burton. Abbiamo amato Edward mani di forbice, riso con Mars Attacks!, ci siamo spaventati con Sleepy Hollow e con Sweeney Todd, commossi con Nightmare before Christmas e la Sposa cadavere e - dulcis in fundo -meravigliati con La fabbrica del cioccolato. Tuttavia ogni film è un nuovo esame, ed è con sottile inquietudine, anzi, con una punta di pregiudizio, che siamo andati a vedere l'ultima fatica dell'autore americano: Alice in wonderland, per l'occasione in versione 3D.
La trama segue le avventure di Alice in un mondo al tempo stesso poetico e allucinato caratterizzato dall'inquietante estetica gothic tipica di Tim Burton.
Uno dei temi ricorrenti nei suoi film è quello della ricerca/accettazione di sè in contrapposizione alla dilagante omologazione della massa. In questo il film è una conferma: Alice, soffocata dai conformismi della società, trova la propria identità attraverso un percorso personale originale e rientra nella stessa società, non più come pedina inconsapevole, ma come individuo attivo e propositivo. La trasformazione (il passaggio dall'adolescenza all'età adulta), è ben sottolineata dai costumi: Alice cambia d'abito ogni volta che le succede qualcosa, quindi spesso. Lo stile, sembra dirci Burton, non è la pedissequa applicazione della moda ma l'interpretazione che ognuno di noi ne fa.
Ci hanno deluso alcune inaspettate cadute di stile, come Alice che al rientro nel mondo di sopra fa la morale a tutti i presenti e si esibisce in una ridicola "deliranza" ma, al di là delle scene più o meno riuscite, a noi di Torino Style è parso che per decollare davvero al film manchi quel briciolo di follia in più che l'avrebbe veramente reso "migliore". 


Per quanto riguarda i costumi: belli quelli vittoriani del party "matrimoniale"; la corte della regina rossa veste in stile '400 (curatissimi i personaggi di corte), quella della regina bianca è del '600. Il cappellaio matto sembra vestito dall'esercito della salvezza; Alice, oltre alle proprie dimensioni fisiche, cambia in continuazione vestiti e scarpe, tutti belli.  
Sia ai costumi che alle scenografie, rispetto alle capacità visionarie dimostrate nei film precedenti, manca quel non so che che in occasioni precedenti ci ha strappato un "ooooh" di ammirazione.


Sugli attori, tranne i personaggi umani, tutti pesantemente truccati o realizzati direttamente in grafica:
Johnny Depp: un'occasione persa, troppo truccato (molto più che nella chocolate factory), il personaggio non è particolarmente sviluppato dalla sceneggiatura. Non giudicabile.
Helena Bonham Carter: difficile ricordare l'ultima volta che NON ha interpretato una pazza psicopatica nascosta sotto mezzo quintale di make up. Non sarebbe ora di aprirle la gabbia?
Anne Hathaway: con occhi e bocca smisurati (di natura) non stupisce che abbia colpito l'immaginario di Burton. Per noi, le manca un pizzico di autoronia che avrebbe reso la svampita regina bianca un personaggio memorabile; perde l'occasione di rubare la scena a un big come Johnny Depp.
Mia Wasikowska: la good news del film. A 20 anni scarsi riesce a dare credibilità al personaggio, ed è davvero protagonista anche se circondata da mostri sacri dello showbiz. Sarà interessante vedere che film sceglierà in futuro, per il momento... chapeau!


Una nota sul 3D. In questo caso non aggiunge e non toglie nulla all'estetica del film; è infatti poco sviluppato (il film si può praticamente vedere anche senza indossare gli occhiali), pare quasi che perda anch'esso convinzione con il procedere della trama. La lotta con il Ciciarampa avrebbe potuto essere un pezzo di storia del cinema.


Sintesi: film godibile ma non imperdibile, da Tim Burton pretendiamo di più, lo aspettiamo con fiducia alla prossima prova!