mercoledì 27 giugno 2012

Licenza di Uccidere (Dr. No) - Waiting for Skyfall /1



James Bond compie cinquanta anni e l'unica cosa che sembra temere è che il cielo gli cada sulla testa, cosa che probabilmente accadrà il prossimo autunno con l'uscita del ventitreesimo film della serie: Skyfall.

In realtà il personaggio di James Bond nasce nel 1953 con la pubblicazione del primo dei 14 romanzi di Ian Fleming, il celeberrimo Casino Royale.
L'inimitabile stile british e glamour di James Bond viene giustamente celebrato a Londra in una mostra al Barbican: "Designing 007: Fifty years of style".Chi avesse occasione di transitare da quelle parti fra il 6 di luglio ed il 5 di settembre non se la perda. Se arrivate dopo le 17 potrete anche accedere al Martini Bar dove assaporerete alcuni dei cocktails bevuti nei vari films della serie, scegliendo se li preferite agitati o mescolati!

Miss Taro - Zena Marshall
L'onore del battesimo cinematografico di Bond spetta nel 1962 a Dr. No (in Italia noto come Licenza di uccidere). I produttori Harry Saltzman e Albert Broccoli intendevano fin dall'inizio impostare una serie di film con il personaggio di Bond, ragione per la quale la scelta dell'attore protagonista fu particolarmente delicata. Scartate le prime ipotesi, cioè Cary Grant, James Mason e David Niven, fu fin da subito preso in considerazione Roger Moore, all'epoca star del telefilm Il Santo, dove il personaggio di Simon Templar presenta effettivamente molte analogie con Bond.
Tuttavia alla fine la scelta ricadde su Sean Connery, dopo che la moglie di Saltzman lo ebbe notato in un film della Disney (che suppongo pertanto essere Darby O'Gill ed il re dei folletti, a riprova che nessun ruolo è inutile se la fortuna ti assiste).

Eunice Gayson - Sylvia Trench

Il film fissa praticamente tutti i topos ricorrenti della serie: ad esempio la sequenza animata iniziale "gunbarrel" ideata da Maurice Binder in cui attraverso la canna di una pistola si vede Bond camminare, voltarsi improvvisamente e sparare; ma anche l'azzeccato tema musicale di Monty Norman.
La serie inizia con una nutrita schiera di Bond Girls, tanto per far subito capire di che pasta è fatto il nostro agente "doppiozero". La prima in assoluto in ordine di comparizione è Eunice Gayson, che interpreta Sylvia Trench, ricca ragazza che flirta con Bond al casinò e sui "campi di golf". Alla signorina Trench si deve anche l'instaurazione del tormentone di "Bond, James Bond". Al tavolo da gioco infatti James risponde così alla precedente presentazione della signorina "Trench, Sylvia Trench".
Le altre Bond girls sono Zena Marshall che interpreta la doppiogiochista Miss Taro, immancabilmente sedotta e turlupinata. Last but not least la mitica Ursula Andress nel ruolo di Honey Rider, a dispetto dei dubbi iniziali della critica è già la Bond girl "definitiva", la cui immagine in bikini con cinturone e coltello da sub resterà come inevitabile metro di paragone per tutte le successive orde di bonazze dal nome ridicolmente allusivo a cui il nostro eroe si dedicherà.

Ursula Andress - Honey Rider
Un elemento importante della serie è costituito senza dubbio dai titoli di testa. Qui sono opera di Maurice Binder, il designer storico dei film di Bond (suoi i titoli di 14 films della serie, se ricordo bene). Lo stilema prevede le sagome di bellissime donne su sfondi geometrici in contrasto nero Vs colori saturi.
Qui non c'è ancora la "canzone del film" che costituirà una delle caratteristiche più evidenti della serie, a partire dal secondo capitolo, di cui vi parlerò a breve!



1962 - Dr. No (Licenza di uccidere)
Regia: Terence Young
Scenografia: Ken Adam
Costumi: Tessa Prendergast (con il nome d'arte di Tessa Welborn)

giovedì 21 giugno 2012

Uno squalo al cinema - To Kill A Dead Man


To kill a dead man di Alexander Hemming è un cortometraggio (10') girato in bianco e nero nel 1994. Si tratta di un omaggio al cinema delle spy story anni 60 e 70 con numerose citazioni cinematografiche.
Il soggetto è basato su un'idea dei Portishead, il mitico gruppo trip-hop inglese, che ha anche interpretato i personaggi di una storia complicata, di intrighi oscuri in cui il debole forse è il vero cattivo ed il forte si scopre  ingenuo. Forse.

Dato il tema, non poteva mancare una luccicante DS nera che richiama Il giorno dello Sciacallo di Fred Zinnemann (di cui ho già parlato qui).

Il film è stato fonte di ispirazione per la canzone Sour Times (contenuta nell'album Dummy), il cui video è a sua volta basato su To Kill A Dead Man. Diverse sequenze contenute nel corto sono riprese nel video, a volte in versione a colori: divertente poterle confrontare.

La configurazione è quella di un progetto "circolare": il film ha ispirato una musica, che si è fatta video: complicato da descrivere, ma tutte e tre le componenti del progetto sono da vedere ed ascoltare, non resterete delusi!

Qui il corto:




Qui il video:


Sour Times, Alexander Hemming, 1994

lunedì 18 giugno 2012

Cadenas - intervista a Francesca Balbo



Non è frequente su questo blog occuparsi di documentari, di quando in quando ci sono però pellicole che è un vero piacere segnalare. La Sarraz Pictures, piccola e pluripremiata casa di produzione torinese, ha organizzato una proiezione torinese di Cadenas di Francesca Balbo, giovane autrice milanese al primo lungometraggio, e non mi sono lasciato sfuggire l'occasione.
La pellicola, realizzata in tre mesi di lavorazione fra l'autunno e l'inverno del 2010, mostra il lavoro quotidiano delle addette al controllo dei passaggi a livello di una piccola linea ferroviaria locale della Sardegna che si trova in una delle parti forse meno turistiche dell'isola, a nord di Cagliari. Qui la strada ferrata, costruita sul finire dell' 800, un tempo costituiva l'unico mezzo di collegamento fra i vari paesini; la rete stradale era infatti ancora assai poco sviluppata ed i passaggi a livello si trovavano di fianco alla casa cantoniera, dove viveva tutta la famiglia del cantoniere, la cui moglie tradizionalmente apriva e chiudeva con catene (le "cadenas" del titolo) il passaggio stradale. Con l'andare del tempo e lo sviluppo del trasporto su gomma la rete ferroviaria ha perso sempre più importanza, le case cantoniere sono state via via abbandonate, ma il mestiere di casellante si è tramandato al femminile, quasi di madre in figlia. Oggi (ma sarebbe forse meglio dire: per ora) questa linea è l'unica ferrovia rimasta in Europa priva di passaggi automatizzati, e le addette al controllo del passaggio sono sempre lì, fino a dodici ore al giorno, ad attendere il transito del prossimo treno, spesso senza il conforto di un riparo adeguato.


L'ora di durata del film scorre in modo molto fluido, mostrando il quotidiano di noia, alienazione, ossessione per il tempo, ma anche la dedizione e l'esemplare senso di responsabilità di queste singolari lavoratrici.
La Balbo, peraltro, dimostra grande equilibrio nella "narrazione", senza scadere mai nel giudizio superficiale. L'approccio scelto è quello di farsi occhio per lo spettatore, a cui viene lasciato il compito di elaborare la propria opinione personale.

Nel breve dibattito che segue alla proiezione qualcuno evoca il genere western, accostamento comprensibile se si pensa alla bellezza ed all'ampiezza dei panorami ed a una natura ancora in grande parte selvaggia. Inoltre il tema della ferrovia è un classico topos del west.  Nel western però la ferrovia ha sempre rappresentato il progresso, in contrasto con il romanticismo della natura incontaminata, qui invece pare che  il treno sia "già passato" e le casellanti siano rimaste dimenticate a guardia di un varco dove non attraverserà più nessuno, in un compito tanto romantico quanto malinconico.
La visione della pellicola offre diversi spunti di riflessione: è una terra che lega i propri figli quasi trattenendoli con invisibili catene. Certo, le immagini mostrano una realtà molto circoscritta geograficamente, ma come sempre nel miglior cinema ciò che vediamo sullo schermo rappresenta istanze potenzialmente universali: su tutto spicca l'idea di  un territorio dal quale si vorrebbe fuggire per quanto poco ha da offrire in termini di risorse ed inevstimenti, ma da cui non ci si riesce a distaccare a causa delle necessità economiche immediate, della mancanza di alternative o del radicamento in un posto che è pur sempre casa.  Problemi, quindi, che sono attuali e non certo nella sola Sardegna.


Dopo la proiezione ho avuto la fortuna di poter fare qualche domanda in esclusiva a Francesca, molto paziente anche dopo essersi sottoposta ad una raffica di domande da parte del pubblico:

TTM:  Da quanto tempo fai film?
FB: domanda difficile. "Fare film" prevede una consapevolezza sul linguaggio delle immagini, un'idea di impianto narrativo e una collocazione all'interno di un mercato che ho raggiunto da poco (soprattutto l'ultima cosa). Diciamo che faccio i video da un sacco di tempo, ma lavori distribuiti o comunque inseriti in un circuito di visibilita' ne ho 3, Cadenas compreso.


TTM: Come hai deciso di farne una professione?
FB: Ci sono decisioni che non si prendono a tavolino ma crescono nel sottobosco del tuo essere come la gramigna nel giardino e a un certo punto devi scegliere se prendere atto di quello che sei o darti all'ippica. Per quanto riguarda il termine "professione"... c'e' da capirsi: se intendiamo una cosa che fai con energia e determinazione, grandi  sofferenze e grandi soddisfazioni, barcamenandoti per tirare la fine del mese riuscendo a sopravvivere con le piu' varie attivita' allora ecco, questa si che e' la mia professione.

TTM: Molto spesso chi sogna di fare cinema sogna di fare fiction, tu invece hai deciso di dedicarti al documentario, un genere nel quale è sicuramente più complicato raggiungere una certa visibilità.
FB: non ho mai sognato di fare film di finzione. Non ho mai sognato la finzione nella vita, non e' il mio stile. Quando ero alla scuola di cinema, durante il corso di fotografia il docente propose una sorta di gara: descrivere un'immagine, una sola, che evocasse qualcosa, vinceva la piu' evocativa. Io vinsi descrivendo un'immagine inquietante che avevo visto qualche giorno prima: fu molto semplice trovare nella realtà qualcosa di significativo a cui il nostro immaginario bombardato di visioni collegasse stati d'animo o riferimenti culturali. Al contrario, non avrei saputo 'inventare' qualcosa che facesse muovere i sentimenti.

TTM:  Quali progetti per il futuro? Stai già lavorando a qualcosa di nuovo?
FB: per il momento ho un biglietto per il mare :) Sono mamma single da un anno e mezzo e questo e' un grande progetto che va nutrito con tempo e passione. Ora tocca a lui!



Cadenas, ammesso in concorso al festival Visions du Réel di Nyon,  è già stato presentato in 15 serate presso sale selezionate in tutta Italia.
Chi può non si perda una delle prossime proiezioni: il 18 giugno a Capalbio (Sala Tirreno), il 19 a Genova (Cinema Sivori) e a  Milano (Cinema Palestrina), il 28 a Borgomanero al Cinema Nuovo.
Chi volesse trova qui il trailer
Per chi invece desiderasse approfondire in loco, magari durante le prossime vacanze, consiglio una visitina qui.


Un grazie per le foto a La Sarraz Pictures s.r.l.





venerdì 15 giugno 2012

Molto forte, incredibilmente vicino - Non è la meta, quello che conta è il viaggio



Molto forte, incredibilmente vicino di Stephen Daldry (Billy Elliott, The Hours, The Reader) è tratto dall'omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer. Una volta tanto posso dire di aver letto il libro prima di vedere il fratello su pellicola, il che inevitabilmente condiziona il mio giudizio. Detto questo tenterò la non facile impresa di limitare i confronti per giudicare il film semplicemente per quello che è.


La trama: Oskar Schell (si pronuncia come "shell", guscio, come quello in cui si autoreclude il protagonista) è un bambino molto istruito ed intelligente, ma con diversi problemi nel rapportarsi serenamente con il mondo. Il padre Thomas, biologo che  ha dovuto rinunciare agli studi per mantenere la famiglia facendo il commerciante, gli affida "missioni" come la prova dell'esistenza di un misterioso sesto distretto di New York, per consentire ad Oskar di superare le proprie fobie in modo giocoso e non ansiogeno attraverso la ricerca di indizi.
Thomas muore nell'attacco alle Twin Towers: Oskar si ritrova ad un tratto privo di una guida ed incapace di dare un sensorazionale alla perdita. Il ritrovamento di una chiave legata alla parola "black", lo convince che il padre gli abbia lasciato un criptico messaggio. Oskar decide di intraprendere una nuova missione ricercando il proprietario della chiave fra tutti i Black contenuti nell'elenco telefonico di New York, incontrandoli sistematicamente al ritmo di quattro ogni settimana. Convinto che la chiave nasconda la soluzione al senso di vuoto e di colpa che il bambino ha maturato con la scomparsa del padre, il piccolo protagonista sarà accompagnato da un vecchio muto, il misterioso "inquilino" che vive per dei periodi in casa della nonna.
La chiave cela davvero la risposta che Oskar sta cercando, o è tutto un prodotto della sua fantasia?


Il film si basa su una solida sceneggiatura di Eric Roth, che sfronda abilmente tutto ciò che non è funzionale alla trama principale, le immagini (fotografia di Chris Menges) di Stephen Daldry (Billy Elliot, The Hours, The Reader) si rivelano un veicolo potente per coinvolgere ed emozionare lo spettatore.
Il cast artistico è selezionato in modo perfetto: Tom Hanks ha pochi minuti a disposizione ma li sfrutta molto bene nel tratteggiare Thomas Schell ed il viscerale rapporto che lega padre e figlio; Sandra Bullock recita con delicatezza il ruolo di una madre che pare distante ma quando serve c'è sempre; Max Von Sydow impartisce una lezione di recitazione, senza proferire verbo per tutto il tempo. Il piccolo Thomas Horn è un Oskar al limite della psicopatologia e con la giusta dose di egocentrismo infantile: un'ottima interpretazione anche di fronte ai tre fuoriclasse "adulti".


Lo schema è quello della fiaba classica, in cui l'eroe si sceglie una missione, lotta per raggiungere il suo obiettivo, via via ostacolato o aiutato dagli altri personaggi,  fino al raggiungimento di un nuovo equilibrio, magari diverso da quello inizialmente cercato.
L'ambiente in cui la storia si svolge è la straordinaria scenografia naturale di New York, di cui il film ci mostra almeno una volta tutti e cinque i distretti.
Il film punta tutto sulle emoziani, a mente fredda non risulta però del tutto convincente. Tuttavia, in sala le lacrime si sprecano grazie alla bravura degli interpreti ed a un soggetto, quello dell'11settembre, che ci ha visto forse per la prima volta dalla Seconda Guerra Mondiale tutti coinvolti in una tragedia di dimensioni globali. Molto forte, incredibilmente vicino non si interroga sul senso del disastro: indaga sull'elaborazione di un trauma privato, personale. Nella tradizione della fiaba, sarà solo di fronte ad una apparente sconfitta che la soluzione si rivelerà in tutta la sua semplicità: le persone che ci sono entrate nel cuore ormai sono parte di noi, non c'è insensata violenza che ce le possa portar via. Per quanto ormai alla deriva, perso in chissà quale lontano oceano il sesto distretto esiste davvero, se lo vogliamo!




venerdì 8 giugno 2012

Men In Black III - Il futuro è un'ipotesi





Dopo dieci anni dall'ultimo episodio, un gradito ritorno: l'agente J e l'agente K dell'agenzia Men In Black ancora una volta in  missione per salvare il mondo.
Il cast storico è quasi al completo: la regia è di Barry Sonnenfeld, sempre in palla, tornano Will Smith e un Tommy Lee Jones invecchiato ma non domo a cui si aggiungono Josh Brolin ed Emma Thompson.

Boris l'animale, in evidente necessità di un ortodontista

La trama vede la coppia di agenti alla caccia di Boris "l'animale", un pericoloso alieno boglodita intenzionato a tornare indietro nel tempo per uccidere l'agente K, colui che l'aveva arrestato quaranta anni addietro, e poter così scatenare la distruzione della terra da parte della razza boglodita.
L'agente J decide quindi di tornare anch'egli nel 1969 per fermare il pericoloso extraterrestre e salvare la vita del proprio mentore. Come prevedibile non tutto andrà secondo i piani e J dovrà allearsi con l'agente K "giovane" per fermare Boris e trovare l'enigmatico Griffin, l'alieno arcaniano con la capacità di vedere il futuro: l'unico in grado di consegnare a K l'arma per difendersi dall'invasione.
Ovviamente i bogloditi non prevarranno, ma modificare il corso degli eventi non può non avere un prezzo, e l'agente J lo imparerà a proprie spese.

Nicole non divide il suo dessert con nessuno!

Questo nuovo capitolo della serie Men In Black, basato su un'idea dello stesso Will Smith, gioca tutto sul viaggio nel tempo, l'agente J si ritrova nel 1969, anno dello sbarco sulla luna, in un mondo abbastanza diverso da quello attuale ed ha l'opportunità di collaborare con i propri "colleghi anziani" nel periodo della loro giovinezza, scoprendone anche qualche piccolo segreto.
L'atmosfera hippy della fine degli anni 60 regala spunti molto divertenti, come il party alla factory di Andy Warhol (dove si scopre che... le tutte le filiformi modelle non sono umane, ma aliene provenienti dal pianeta Glamouria!).
Interessante anche il concetto dei paralleli temporali che Griffin riesce a vedere "tutti insieme", senza però sapere con precisione quale si verificherà. buffo anche l'agente K "giovane": sempre un duro, ma con un'insospettabile vena sentimentale.

29 anni tutti contromano per l'agente K!

Molto azzeccato il cast: Will Smith conserva negli anni la consueta parlantina ed ha sempre un gran fisico. Tommy Lee Jones è un po' ingessato, ma è sempre uno dei duri più efficaci sullo schermo. Josh Brolin (una curiosa carriera la sua, lanciato da giovane e poi ri-lanciato con maggior successo nell'età matura) è un giovane agente K ancora meglio di come ce lo saremmo immaginato. Emma Thompson (era da un po' che non la vedevo) è simpatica come agente O ed è interessante la contrapposizione con la bella Alice Eve che interpreta lo stesso personaggio in gioventù. Bella l'idea di farla diventare direttore dei MIB dopo aver iniziato come segretaria di K.
Jemaine Clement nel ruolo di Boris è cattivissimo e benchè molto truccato sfoggia un fisico da vero guerriero (non a caso è di madre maori).
Qualsiasi commento sarebbe superfluo per Nicole Scherzinger in minivestito di pelle nera e tatuaggione sulla schiena: non il top dell'eleganza, ma sempre un bel vedere con un tocco di ironia.

Ma cosa servono davvero nei ristoranti cinesi?

L'idea attorno a cui si sviluppa il film, in modo non so quanto consapevole, è nientemeno che la teoria del caos. Griffin l'arcadiano è il solo essere rimasto nell'universo in grado di "vedere" le infinite possibilità che a partire da eventi apparentemente insignificanti portano a enormi cambiamenti nel corso del tempo; al tempo stesso ci insegna anche che i possibili "futuri" migliori sono quelli basati sulla verità, il bene chiama il bene, la menzogna il male.
In questi tempi difficili non dispiace che sia una commedia a ricordarci che ciascuno di noi contribuisce ad essere artefice del futuro del mondo, anche attraverso azioni apparentemente banali. Sta a noi scegliere quali comportamenti assumere per dare la forma al nostro tempo ed a quello futuro e non dovremmo mai dimenticarcene!
Un film da vedere per un pomeriggio o una serata di sano intrattenimento dalla prima media in su. Spettacolari scene d'azione, buffi alieni e un divertnete scorcio di swinging sixties.

Se avete letto tutto il post, allora questo potrebbe essere il futuro in cui il capo redattore del NY Times legge questa recensione e mi assume con un contratto a molti zeri...

Per chi è la bulba spinosa? Parla!
...ma se non sta squillando il telefono allora potrebbe essere quello in cui anche oggi mangerò scatolette di tonno ;-(

 

domenica 3 giugno 2012

Uno squalo al cinema - Assassinio sul Tevere



In alcune delle precedenti puntate di questa rubrica dedicata alla Citroën DS, vi ho già raccontato di quanto questa macchina sia stata utilizzata nei film poliziotteschi. Accanto a questi però, quasi da subito, vennero realizzati alcuni film di argomento poliziesco ma di genere commedia, spesso con gli stessi attori ed il medesimo cast tecnico. Il re incontrastato di entrambi i generi è Tomas Milian,che per tutti gli anni 70 ha alternato il ruolo del gangster utraviolento a quello più scanzonato del mitico maresciallo (poi ispettore) Nico Giraldi.
Su questa interessante "doppia vita" artistica di Milian tornerò a parlare, magari con un post ad hoc; oggi ci gustiamo l'irresistibile scena del commissario che, pur di farsi dare delle informazioni preziose per la sua indagine, distrugge scientificamente l'unica auto onestamente comprata  dal suo informatore preferito: Venticello (il grande Bombolo).

Anche se è solo un film, mi si stringe il cuore a vedere una nobile DS maltrattata in questo modo. E a voi?



Assassinio sul Tevere, Bruno Corbucci, 1979