mercoledì 28 agosto 2013

Too big to fail - Il crollo dei giganti


"Non so se resisterò ad un altro giorno come ieri"
"Sei sceso da una Mercedes e stai entrando alla Federal Reserve, non è lo sbarco in Normandia!"

Dopo aver visto Margin Call, di cui già ho scritto qui, cercando qua è là mi sono imbattuto in un film per la TV prodotto dalla HBO con grande dispendio di risorse e reclutando un mazzo di attori di primissima classe.
Se nel film di J.C. Chandor la prospettiva era quella interna ad una banca d'affari (più o meno ipotetica), in Too big to fail - Il crollo dei giganti la prospettiva si allarga fino a comprendere l'intero sistema delle banche d'investimento, facendosi comunque ancora più aderente alla cronaca.
La sceneggiatura, infatti, è basata sul libro "Too Big to Fail: The Inside Story of How Wall Street and Washington Fought to Save the Financial System—and Themselves" del giornalista del New York Times Andrew Ross Sorkin, e racconta nel dettaglio come si è dipanata (o come potrebbe probabilmente essersi dipanata) la gestione della crisi nelle sue  primissime e più violente fasi.


La trama racconta di come il segretario del tesoro Henry Paulson (un William Hurt a livelli eccelsi) ed il suo staff abbiano disperatamente tentato ogni strada per salvare il sistema finanziario di Wall Street e con esso l'intero ecosistema economico USA. Il film mostra come l'inizio della crisi - dovuta ai mutui subprime ed alle riassicurazioni stipulate fra le banche per sostenerne l'altissimo livello di rischio - abbia colto completamente di sorpresa l'intero gotha della finanza USA, troppo impegnato ad accendersi il sigaro con un biglietto da 500$ per accorgersi di farlo seduti su un barile di polvere da sparo, se mi passate l'immagine colorita. Lasciamo da parte per un momento le considerazioni moralistiche e apprezziamo invece il taglio quasi da docufiction della pellicola, coinvolgente ma senza perdersi in tecnicismi poco comprensibili dai non addetti ai lavori. Efficace in questo senso l'espediente di far spiegare cosa sta succedendo agli stessi personaggi che di volta in volta istruiscono Michele Davis, l'assistente di Paulson addetta alle PR (una Cynthia  Nixon molto lontana dallo stereotipo Sex & the city) su cosa comunicare alla stampa in modo da trasmettere un messaggio intellegibile ai più.


Fra gli interpreti si trova un Paul Giamatti che assomiglia in modo impressionante a Ben Bernanke (il che gli valse uno Screen Actors Guild Award), i direttori delle merchant bank sono impersonati da Matthew Modine, Bill Pullman, Tony Shalhoub, Evan Andler, Ajay Metha. Billy Crudup è Timothy Geithner, James Woods è grande nell'interpretazione di Dick Fuld, il CEO di Lehman Brothers, che assiste impotente al crollo della sua azienda. Il Presidente invece (all'epoca Bush figlio) non compare mai, se non nei notiziari.


La ricostruzione degli eventi è giornalistica, quindi presumo abbastanza veritiera; i dialoghi fra i personaggi (si indica per tutti nome cognome e ruolo) ovviamente non possono che essere immaginati. Alcune cose saltano comunque agli occhi: il potere, quello vero non viene gestito nè dal Presidente nè dal suo staff: le decisioni più importanti vengono prese da Paulson, Bernanke e Geithner e lo stesso Congresso alla fin fine non può far altro che ratificare le scelte prese da questo terzetto di illuminati. Paulson non parla mai di Europa, al massimo telefona al Cancelliere dello Scacchiere britannico o al ministro delle finanze francese (Christine Lagarde, ora direttore del FMI). Nello staff governativo, molti provengono da Goldman Sachs, il che crea comunque problemi a prendere decisioni serene.


Più di un parallelismo si può trovare con la realtà che conosciamo in Italia, ma forse ancora più importanti sono le differenze: nessuna delle figure che compaiono nel film è preoccupata più di garantirsi un futuro che non di salvare la propria azienda (o il sistema nel complesso). Le decisioni vengono discusse, ma giuste o sbagliate che siano una volta prese non ci torna sopra nè le si usa per far polemica. Nessuno, nemmeno al Congresso, strumentalizza politicamente la crisi per cercare di affossare l'avversario. Insomma si tratta di un mondo forse privo di morale ma che non lascia spazio al moralismo: ci sono avidi, opportunisti e cinici, ma tutto sommato ognuno fa il proprio mestiere senza rimproverare agli altri di aver fatto il loro.

Molte quindi le lezioni che si possono trarre e che - temo - sarà bene tenere a mente per il prossimo futuro, se l'evoluzione della attuale situazione politica sarà quella al momento più facilmente prevedibile.


2011 - Too big to fail Il crollo dei giganti (To big to fail)
Regia: Curtis Hanson
Soggetto: Andrew Ross Sorkin
Sceneggiatura: Peter Gould
Montaggio: Jonathan Olive

lunedì 26 agosto 2013

The Butler - Read and be ready


Previsto in uscita in Italia per gennaio 2014, The Butler si inserisce in quel filone cinematografico attraverso il quale l'America (intesa come USA) celebra se stessa. A volte con ragione.
Il film celebra la figura di Eugene Allen (nel film ribattezzato Cecil Gaines), un maggiordomo che è stato in servizio presso la Casa Bianca per più di trent'anni: arrivato con Truman nel 1952, rimane nello staff presidenziale fino al 1986 (presidenza Reagan), facendosi apprezzare da tutti sia professionalmente che come uomo.

Il film prende spunto da un articolo pubblicato sul Washington Post nel 2008 nel quale si raccontava la parabola umana e professionale di Allen, un vero - è proprio il caso di dirlo - servitore dello Stato; la realizzazione della pellicola è affidata a Lee Daniels (Precious) mentre per il ruolo principale nessuna scelta avrebbe potuto essere più azzeccata di Forest Whitaker.
Il cast è impreziosito da Robin Williams, James Marsden, Liev Schreiber, John Cusack e Alan Rickman nei ruoli dei vari Presidenti. Ironia della storia, il ruolo di Nancy Reagan è interpretato da Jane Fonda, che ricordo (ebbene sì, io mi ricordo di questa cosa!) fiera oppositrice del Presidente-attore ai tempi della campagna contro Jimmy Carter, presidente uscente ("E' stato un pessimo attore, sarà un pessimo Presidente", dichiarò l'improvvida riferendosi a Reagan), Oprah Winfrey compare nel ruolo della moglie di Cecil, in una delle rarissime apparizioni in cui non interpreta se stessa.

Sono molto curioso di vedere come viene affrontato il susseguirsi delle mode negli abbigliamenti delle first ladies e nell'arredamento della Casa Bianca. Il film termina la sua carrellata sulla storia della seconda metà del secolo scorso nel 2008, coprendo dunque la mutazione culturale e di costume degli USA dal dopoguerra ad oggi, il tutto in meno di due ore (apprezzabile, vista la recente tendenza allo straripamento in lunghezza delle pellicole hollywoodiane). Non ultimo, il budget è - hollywoodianamente - contenuto in una trentina di milioni, il che pone la pellicola in predicato di essere uno dei migliori affari del 2013.



2013 - The Butler
Regia: Lee Daniels
Sceneggiatura: Lee Daniels, Danny Strong
Musiche: Alexandre Desplat
Scenografia: Tim Galvin
Costumi: Ruth E. Carter

martedì 6 agosto 2013

Cose nostre - Malavita - Read and be ready


Se per caso, come me, siete ancora in città mentre quasi tutti sono già partiti per le vacanze e scoprite con orrore che la maggior parte delle sale cinematografiche della zona sono chiuse per ferie, il minimo che posso fare è regalarvi una parola di speranza. L'autunno tornerà, i cinema riapriranno e sicuramente ci saranno pellicole per tutti i gusti per intrattenerci, divertirci e farci sognare. Se nel frattempo avete programmato una vacanza in Francia, vi auguro  di non aver scelto un tour della Normandia: potreste scoprire di essere vicini di casa della famiglia Manzoni.


I Manzoni non sono imparentati con l'autore dei Promessi sposi, nè sono artisti; o meglio probabilmente lo sono, ma l'arte che si sono scelti è la delinquenza! Niente paura, non si tratta di altro che non del ritorno sulla sedia da regista di Luc Besson che ha scelto per la rentrée l'adattamento del romanzo Malavita dello scrittore francese Tonino Benacquista, dove si racconta di una famiglia di malavitosi di NY che nell'ambito di un programma di protezione testimoni viene spedita in uno sperduto paesino della Normandia. Inutile dire che le abitudini un tantino violente della famiglia (padre, madre, due figli e il fedele cane chiamato  - appunto - Malavita) daranno luogo a situazioni irresistibilmente surreali.
Il cast è notevolissimo: Robert De Niro, Michelle Pfeiffer, Tommy Lee Jones e Dianna Agron. Produttore esecutivo nientemeno che Martin Scorsese, il film è stato girato nella Cité du Cinema, gli studios creati dallo stesso Besson a Saint-Denis (cioè Parigi).

Il film è previsto in uscita in Italia per il 10 ottobre e sono certo che ci consolerà dalla depressione post-rientro. Chi non ce la facesse ad aspettare intanto può gustarsi un trailer di tre minuti qua sotto!




2013 - Cose nostre - malavita (The Family)
Regia: Luc Besson
Soggetto: Tonino Benacquista
Sceneggiatura: Luc Besson, Michael Caleo
Fotografia: Thierry Arbogast



giovedì 1 agosto 2013

All'inseguimento della morte rossa - Almost Bond /4


Ventotto anni dopo l'avventura de Il cervello da un miliardo di dollari l'agente Palmer ricompare inaspettatamente sulla scena. Certo il mondo nel frattempo è cambiato parecchio, e non si può pensare solo al dissolvimento dell'URSS: nel 1967 i Pink Floyd (con Syd Barrett ancora integro) pubblicavano il loro primo singolo Arnold Layne, la Boeing faceva decollare per la prima volta un 747 (all'epoca lo chiamavano "Jumbo Jet"), il Giro d'Italia lo vinceva ancora Gimondi. Il 1995 è invece l'anno in cui la setta fanatica Aum Shinrikyo intossicava 6000 persone nella metropolitana di Tokyo con il gas sarin (sul tema vi consiglio di leggere Underground di Haruki Murakami), la Microsoft faceva uscire Windows 95, andava online Ebay. Nel mondo della musica i Nirvana facevano la storia con il tour di Nevermind.


Insomma è un mondo diverso da quello in cui eravamo abituati a vedere Harry Palmer giocare il big game, però il vecchio e cinico agente può ancora dire la sua: dopo essere stato scaricato dal servizio segreto britannico, Palmer viene ingaggiato da un ambiguo magnate russo per ritrovare un campione di un virus letale trafugato dai laboratori e destinato alla Corea del Nord. Accompagnato dai giovani Nicolaj e Natasha Palmer, grazie all'esperienza e alla sensibilità maturate in decenni di onorato servizio, riuscirà ancora una volta a sbrogliare l'intricata matassa e portare la pelle a casa. Il mondo sarà anche cambiato ma gli squali del malaffare sembrano essere sempre gli stessi!


Michael Caine ritorna nei panni del personaggio di un Harry Palmer invecchiato ma mai domo, astuto, paziente e anche fortunato, quando serve. Nulla da dire, Caine è un Harry Palmer perfetto anche quando la produzione non è all'altezza. Jason Connery arriva qui al crepuscolo della sua dimenticabile carriera di attore. Il suo Nicolaj in diverse espressioni del volto ricorda moltissimo il padre, nel talento invece no. Mia Sara (Sarapocheiello per l'anagrafe) interpreta Natasha; noi vecchi ragazzi ce la ricordiamo al fianco di un giovanissimo Tom Cruise in Legend di Ridely Scott a cui è seguita una carriera piuttosto anonima. Michael Gambon viene sprecato nella parte di Alex il magnate russo, personaggio potenzialmente interessante ma penalizzato da un minutaggio insufficiente. Michel Sarrazin, infine, è Craig l'agente americano: un ruolo sostenuto con dignità.


Sia chiaro: a parte Michael Caine non c'è praticamente nulla che colleghi i primi tre capitoli prodotti da Harry Saltzman con Bullet to Beijing, che fra l'altro si appoggia su una sceneggiatura originale e non sui libri scritti da Len Deighton. Il film è una coproduzione anglo/russo/canadese concepita per la TV, ed in quest'ambito si tratta di un prodotto dignitoso. A me non è dispiaciuta la "solidarietà fra colleghi" che ci mostra le vecchie spie della guerra fredda tutte ormai dismesse per problemi di budget e per una sorta di obsolescenza (e invece continuano a fare grandi danni!). Il regista è quel George Mihalka divenuto famoso per lo splatter Il giorno di San Valentino e finito poi a lavorare come onesto professionista per la TV. Se la cava abbastanza bene con una bella scena di inseguimento fra motoscafi. Anche la Lada Niva che sale per la scalinata della stazione ferroviaria non è malaccio. Le musiche sono affidate a Rick Wakeman degli Yes; il doppiaggio molto penalizzante.


Il tentativo di resuscitare un personaggio così caratteristico come Palmer viene stroncato definitivamente dall'uscita di Goldeneye con un più giovane e affascinante Pierce Brosnan, che per le stesse strade di San Pietroburgo si lancia in un inseguimento alla guida di un carro armato. Forse il mondo è davvero cambiato un po' troppo! 
Intrigo a San Pietroburgo, il sequel di All'inseguimento della morte rossa, viene girato subito utilizzando quasi lo stesso cast e la stessa crew tecnica, incontrerà però gravi difficoltà distributive (infatti non sono riuscito in alcun modo a reperirne una copia!): una fine ingloriosa per un personaggio che ha rappresentato il tentativo di fornire una alternativa di qualità al "solito" Bond, raccogliendo certamente meno di quanto meritasse. 
Se un giorno riuscirò a vedere Intrigo a San Pietroburgo ve ne racconterò qualcosa con grande piacere! 


1995 - All'inseguimento della morte rossa (Bullet to Beijing)
Regia: George Mihalka
Musiche: Rick Wakeman
Costumi: Galina Nikolayeva
Sceneggiatura: Peter Welbeck