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martedì 2 luglio 2013

L'uomo d'acciaio - Superman Superstar


Ebbene sì, nonostante l'assenza dal blog dovuta alla sacrosanta luna di miele, ho biecamente approfittato della passione per i fumetti di mi mia moglie per convincerla che in viaggio di nozze è in-dis-pen-sa-bi-le andare almeno una volta al cinema, soprattutto se si tratta di festeggiare l'uscita del reboot della serie di Superman firmato Synger/Nolan: L'uomo d'acciaio.
L'esperienza in sè si è rivelata piuttosto istruttiva: nella catena di multisala in cui abbiamo visto il film (CINESA) si proiettano (un film diverso ogni settimana) film "vecchi" di vario genere, oltre ad avere un nutrito programma di seconde visioni degli ultimi blockbusters. In Italia non mi è praticamente mai capitato di vedere iniziative simili, se si escludono i remaster in 3D (e il programma del Museo del Cinema che la mia città ha la fortuna ed il merito di ospitare). Ecco, prima di lamentarci che il mercato è in crisi e la gente non va più al cinema, una riflessione su che cosa offrono oggi le sale italiane sarebbe forse opportuna.


Detto questo, passiamo al film vero e proprio. Abbandonata l'ipotesi di dare un sequel a Superman returns con Kevin Spacey e Brandon Routh (che comunque a me era piaciuto), la Warner optò per un reboot della serie, suffragata nella decisione dal successo di Batman Begins, e dall'ingaggio dello stesso Christopher Nolan nella veste di produttore esecutivo della pellicola. Alla regia, dopo aver vagliato diverse ipotesi (fra cui Guillermo Del Toro, Bob Zemeckis e Ben Affleck), uno specialista dei fumetti come  Zack Snyder (300, Watchmen).


Il film riprende la storia di Superman - Kal-El fin dalla nascita sul pianeta Krypton, discostandosi nell'evoluzione della trama quel tanto che basta da lasciarsi un ampio ventaglio di possibilità per i capitoli futuri. Superman cresce sulla terra, a Smallville, Kansas come Clark,  figlio adottivo di Jonathan e Martha Kent. Fin dall'infanzia si manifestano in lui poteri sovrumani che lo fanno sentire "diverso". Al raggiungimento dell'età adulta, ed in seguito alla morte del padre adottivo, Clark parte per un viaggio alla ricerca di se stesso, nel corso del quale più volte dovrà utilizzare i propri poteri per risolvere situazioni critiche. Nel frattempo il generale Zod, acerrimo nemico del padre biologico di Clark, Jor-El, riesce a liberarsi dall'esilio al quale è stato condannato ed arriva sulla terra per regolare i vecchi conti e distruggere il pianeta, trasformandolo in un nuovo Krypton.


Il ruolo di Superman è stato affidato a Henry Cavill, uno che ha più volte sfiorato la grande occasione (è stato in predicato di essere Superman nel film di Synger, 007 al posto di Daniel Craig e Edward Cullen al posto di Pattinson in Twilight). Forse fin troppo figo per il ruolo di Clark Kent, se la cava più che dignitosamente in tutina (senza i mutandoni rossi, giudicati out of fashion dai costumisti). Lois Lane, che ha un grande spazio e rilevanza nella trama è Amy Adams (di cui ho già parlato bene a proposito di Di nuovo in gioco, e qui confermo), che pur fornendo una buona prova toglie a Miss Lane quella punta di spregiudicata fame per la notizia che la contraddistingue.
Russel Crowe è un ottimo Jor-El, serafico e sicuro di sè, Kevin Costner si ripresenta in forma al grande pubblico, dopo un periodo pe rla verità piuttosto appannato. Diane Lane è ancora e sempre una fuoriclasse. Laurence Fishburne è Perry White, il direttore del Daily Planet (anche lui un po' troppo buono, rispetto alla filologia del personaggio). I cattivi sono muscolosi e malvagi, ma troppo "marines gone bad" per essere ricordati a lungo.


Fin dagli esordi Superman ha avuto un che di messianico (il che mi ha fatto pensare a un Jesus Christ Superstar in versione muscolare): la storia del salvatore venuto dal cielo che si fa uno di noi, cresce in una famiglia normale e - maturati i tempi - si rivela parla da sola, Snyder però schiaccia troppo l'acceleratore sull'analogia: Clark Kent diventa Superman a 33 anni, poi si consegna come agnello sacrificale "per la salvezza di tutti" al generale Zod, infine aiuta gli umani a liberarsi "da soli" grazie al loro stesso decisivo intervento. Anche l'aspetto iconografico, però, è piuttosto esplicito: il Clark Kent barbuto nella prima parte del film, la scena in chiesa con l'evidente accostamento di Clark all'immagine del Cristo, la passione di Kal-El per librarsi in volo a braccia aperte come un crocefisso.

Anche in questo film, come in molti altri recenti (lo noto fin da The avengers, ma ultimamente è un'epidemia: Iron Man 3, Oblivion, Star Trek Into Darkness, Olympus has fallen, White House down, lo stesso Il cavaliere oscuro e chi sa quanti altri in uscita a breve) registro un gusto preoccupante per la demolizione catastrofica di New York, Washington, Los Angeles insomma qualsiasi significativa conurbazione statunitense. Fatte salve le recenti tragiche  vicende di Chicago, mi domando perché gli americani si sentano così sotto minaccia di devastazione: dieci anni fa si poteva capire, ora - francamente - molto meno, o forse sta succedendo qualcosa nella politica e nell'anima a stelle e strisce che io non sono in grado di interpretare.

La violenza contro cose e persone ne sconsiglia la visione almeno a chi è ancora alle elementari. Per tutti gli altri, quasi due ore e mezza di ottimo entertainment, con i migliori auguri a Cavill, che mi pare maturo per un salto di carriera.

2013 - L'uomo d'acciaio (Man of steel)
Regia: Zack Snyder
Sceneggiatura: David S. Goyer, Zack Snyder, Kurt Johnstad
Costumi: James Acheson, Michael Wilkinson
Fotografia: Amir Mokri
Scenografia: Alex McDowell

venerdì 29 marzo 2013

Man of steel - Read and be ready



C'era proprio bisogno di un'altro film su Superman? Il quesito in effetti è legittimo, per avere una  risposta dovremo aspettare fino al 19 di giugno prossimo quando uscirà in Italia L'uomo d'acciaio.
La produzione è di primissimo ordine: la regia è affidata a Zack Snyder, una sicurezza quando si tratta di tradurre i fumetti in immagini in movimento (è il regista di 300, ma soprattutto del coraggioso e buio Watchmen), la produzione è firmata da Christopher Nolan, fresco reduce dalla trilogia di Batman Begins/Returns.

Di assoluto rispetto il cast, che vede Russel Crowe nei panni di Jor-El, il padre naturale di Superman. Nel ruolo dei genitori adottivi Jonathan e Martha Kent rivedremo Kevin Costner e Diane Lane.
Perry White (il direttore del Daily Planet) sarà interpretato da Laurence Fishburne,  una scelta che mi pare molto azzeccata, mentre Lois Lane è impersonata da quella Amy Adams di cui parlai molto bene in riferimento a Ancora in gioco.
Il ruolo del protagonista è stato vinto dall'inglese Henry Cavill (il belloccio di cui si innamora Evan Rachel Wood in Basta che funzioni di Woody Allen) dopo che erano state vagliate le candidature di Matthew Goode, Zac Efron (vi prego no! Lui Superman no!), Armie Hammer e  Joe Manganiello, che ha perso il ruolo solo a causa degli impegni nel serial TV True Blood.

La storia trae spunto da una serie di sei albi a fumetti pubblicati negli anni 80 dalla DC Comics e si concentra sulla nascita del supereroe dall'infanzia fino all'arrivo a Metropolis con la presa di coscienza da parte di Clark Kent delle proprie possibilità e delle proprie radici divise fra Krypton, dove è stato concepito, e la Terra dove è a tutti gli effetti nato.

Il film mi pare promettere bene, spero soltanto che l'influenza di Nolan non si faccia troppo sentire: il suo esistenzialismo superficiale ha già messo in pericolo dei film tutto sommato belli come quelli di Batman. Preferirei sentire Clark Kent urlare "Questa è Sparta!!" piuttosto che vederlo farsi prendere per il naso da una terrorista psicopatica.

Di questo film riparleremo a tempo debito; il motto non cambia: prima vedere poi giudicare!




2013 - L'uomo d'acciaio (Man of steel)
Regia: Zack Snyder
Fotografia: Amir Mokri
Musiche: Hans Zimmer


giovedì 21 aprile 2011

The next three days


Immagina di fare colazione con la tua famiglia, improvvisamente due forti colpi alla porta: la polizia entra e fra le lacrime di tuo figlio arresta tua moglie (Elizabeth Banks, Shaft, tutti e tre gli ultimi Spider-Man, ma anche una intera annata di Scrubs in TV). Due anni dopo lei è stata definitivamente condannata . E' praticamente certo che passerà i prossimi trenta anni in carcere.
Tu cosa faresti?
Nell'improbabile ipotesi che fra i nostri lettori ci sia Russell Crowe la risposta sarebbe: qualsasi cosa!

Mike Haggis è un curioso caso di regista e sceneggiatore che si divide fra cinema e TV. Autore di  Crash - Contatto fisico e Nella valle di Elah, ha collaborato spesso con Eastwood ma ha anche scritto gli ultimi due 007. Una curiosità: se vi foste chiesti chi ha scritto le sceneggiature di  Walker Texas Ranger ebbene sì è lui ed è pure inglese! 
The Next three days pone una questione: quanto siamo disposti a spingerci oltre i limiti per realizzare ciò in cui crediamo, cosa accettiamo di lasciare indietro per raggiungere ciò che davvero conta? Tuttavia  ci pare che al regista interessi più porre la domanda che trovare una risposta. Questa si perderebbe comunque nel clamore di ruote che stridono e spari che rimbombano.

Russell Crowe interpeta il mite professore John Brennan, la cui ordinaria vita quotidiana viene sconvolta da una kafkiana irruzione dell'assurdo, sotto forma di arresto della moglie Lara per l'omicidio della propria superiore sul lavoro.
John non può credere che la moglie sia veramente colpevole, così quando è acclarata la condanna giudiziaria, escogita un piano per farla evadere e fuggire con lei. Nella fase preparazione John si scontrerà piuttosto dolorosamente  con le difficoltà  di compiere un atto illegale da parte di un ingenuo neofita del crimine. A tempo debito però John avrà reperito le risorse finanziarie, pianificato la fuga e rapito la incredula moglie dopo averla fatta trasportare fuori dal carcere con un inganno.
Riuscirà John da mite professore a trasformarsi in smaliziato criminale raggiungendo una rinnovata libertà con moglie e figlio? Ogni piano perfetto si scontra con l'imprevedibile, la sfortuna...vale davvero la pena di provarci?
Per sapere come finisce dovrete andare a scoprirlo al cinema, quello che è sicuro è che per John ne vale la pena. La sceneggiatura infatti si premura di chiarire che per il protagonista non è più tanto importante se la moglie è davvero colpevole oppure no; lui decide che non lo è, non lo può essere, e si comporta di conseguenza: di fronte a un sistema giudiziario che fallisce, il tentativo di ristabilimento della giustizia da parte di John passerà per diversi reati, fino a giungere - in modo che abbiamo trovato addirittura ironico - all'omicidio: Lara forse è innocente, John invece colpevole lo è di sicuro, ma allo spettatore ormai non importa più. Lara, fra l'altro, è un personaggio ambiguo, solo nelle ultime sequenze si scoprirà la verità su di lei, ma nel corso del film non ci sono appigli per anticipare la soluzione. Anche lo spettatore, come John, deve decidere in cosa credere.

Il film dopo una partenza fulminante tende a incepparsi nella fase di preparazione della fuga, per poi riprendersi (per fortuna!) nell'azione mozzafiato della fuga e dell'inseguimento.
Probabilmente qualche minuto in meno nella parte centrale della pellicola non avrebbe nuociuto alla scorrevolezza dell'insieme.

Il cast è straordinario e racchiude star del cinema e della TV.  Olivia Wilde (una bellezza moderna vista in The O.C. e Dr. House in TV), Liam Neeson, appena un cameo, come anche RZA (celebre rapper che ricordiamo per un cameo e la bella colonna sonora in Ghost Dog di Jarmusch), infine un commovente Brian Dennehy padre di John che intuisce le intenzioni del figlio ma non tenta di fermarlo, condividendone le motivazioni. Con questi attori ci sarebbe piaciuto vedere sviluppati meglio i personaggi di contorno.

Un dettaglio un po' inquitante sui tempi che viviamo: John impara molte cose, ad esempio fabbricare passepartout universali e scassinare le serrature delle automobili attraverso accurati tutorials su youtbe. Dopo "Clio Makeup" arriveremo a "Jake Breakup"?

Personalmente abbiamo già avuto modo (qui) di dichiarare la nostra ammirazione per Crowe, che sa con la forza delle emozioni rendere credibile l'inverosimile. Questa pellicola non resterà fra le sue più memorabili, ma noi lo seguiremo sempre con partecipazione nei bassifondi di Pittsburgh (brutta città, a giudicare da come è ripresa) per coprirgli le spalle da falsari infidi e spacciatori violenti. A quanto sembra, però, sa cavarsela alla grande anche da solo!

venerdì 28 maggio 2010

Robin Hood, la recensione


In tempi di crisi e scandali finanziari internazionali, quale storia è più attuale se non quella di Robin Hood? Ridley Scott ancora una volta si conferma fortunato, oltre che bravo, ed esce con il film giusto al momento giusto. 
Necessaria premessa: non si tratta di un film storico. Rispetto a precedenti versioni i fatti sono calati in un contesto storico realistico anche se non reale e i personaggi sono ispirati ai veri protagonisti di quel periodo; tuttavia, un film non è un libro e si prende ampie licenze "artistiche" inventando di sana pianta, ad esempio le circostanze della morte di Riccardo Cuor di Leone o  la genesi della Magna Charta, in modo però funzionale al discorso che Scott intende portare avanti. 
Il film narra di Robin Hood prima che diventasse mito, un'operazione già tentata con successo da Christopher Nolan con Batman Begins. La trama si tiene comunque sulla falsariga della tradizione, con qualche variante. Robin Hood è un soldato che di rientro dalle crociate si trova ad impersonare un nobile inglese. Le circostanze lo porteranno ad assumerne completamente l'identità completando un percorso personale attraverso cui ritroverà le proprie radici, scoprirà una nuova coscienza civile e farà innamorare lady Marian. Game, Set and Match!
Belle e ben sceneggiate le scene di guerra e di lotta. Bella l'immagine della nave che risale a remi il Tamigi. Le scialuppe da sbarco dei francesi, in stile Normandia 1944 ma a remi: semplicemente buffe; non possiamo che augurarci che siano state messe lì strizzando un occhio al soldato Ryan!

Il cast: un vero parterre de roi con molti britannici.
Russel Crowe, piuttosto in forma giunto ai 46 anni, è ormai  presenza fissa nei film di Scott. E' un Robin Hood muscolare ma credibile. Ci piace (fin dai tempi di LA Confidential) per come sa usare un fisico possente solo quando serve, mettendosi al servizio dell'interpretazione e non viceversa.
Cate Blanchett, è una scelta piuttosto azzeccata. Riesce ad essere elegante anche lavorando nei campi, coniuga alterigia nobiliare e passione civile. Una bionda qualsiasi sarebbe stata fuori luogo.
William Hurt è la vera sorpresa del film, e non parliamo solo dell'abbondante dose di botulino con cui si è spianato il viso! Interpreta con rara maestria un Guglielmo di Longchamp (personaggio storico) vero deus ex machina della corte inglese. Ci mancava e l'abbiamo ritrovato!
Max Von Sydow: Interpreta il vecchio padre cieco di Locksley e diviene padre spirituale di Robin Hood. Torreggia da par suo senza gigioneggiare eccessivamente. 
Mark Strong: il personaggio (Godfrey, il super cattivo del film) è banale, ma merita un citazione per il make up per la cicatrice stile Capitan Harlock su un lato della bocca causata da una freccia di Robin. 
Danny Huston (figlio del grande John Huston): fa un Riccardo Cuor di Leone romantico e diverso dal solito: come un soldato stanco ma consapevole di non poter fare altro che continuare sulla via che ha scelto fino alle estreme conseguenze.
Oscar Isaac nel ruolo di Giovanni Senza Terra (incomprensibilmente il fratello è biondo-rossiccio - come nella realtà era - lui invece sembra il fratello del Saladino, carnagione olivastra e una barbetta che sarebbe ridicola anche sulla faccia di un tronista). E' un personaggio sfortunato perchè pare che debba essere rappresentato comunque come un idiota. Qua e là vediamo invece  barlumi di una interpretazione originale. Lo aspettiamo a una prossima prova!
I costumi non sono particolarmente belli ma abbastanza fedeli al periodo, Robin indossa pantaloni di pelle un po' punk, Marian veramente troppo scollata per quel periodo storico. Da notare il numero di anelli alle dita di re Giovanni e della principessa Isabella. Gli abiti regali però li avremmo voluti più in evidenza.

Last but not least il regista: Ridley Scott è forse l'autore in attività che può vantare il maggior numero di film che hanno fatto epoca (I duellanti, Alien, Blade Runner, Thelma & Louise, Il Gladiatore e qui mi fermo per ragioni di spazio); purtroppo questo non è uno di quelli, ma resta un prodotto di rara qualità. Ce ne fossero!