mercoledì 10 aprile 2013

Bianca come il latte rossa come il sangue - la recensione


Bianca come il latte rossa come il sangue è il film tratto dal best seller internazionale di Alessandro D'Avenia, di cui avevo a suo tempo anticipato l'uscita. La regia è di Giacomo Campiotti (allievo di Monicelli) e la sceneggiatura di Fabio Bonifacci (nel suo anno d'oro, sono attualmente in sala anche Il principe abusivo e Benvenuto Presidente!, tutti con lusinghieri risultati al botteghino), con la partecipazione dell'autore del romanzo.


La storia racconta di Leo, liceale romano trapiantato a Torino, e del suo innamoramento per la bellissima Beatrice, una compagna di scuola, che si ammala di una grave forma di leucemia. Leo dovrà confrontare i propri sogni con la realtà, contando sull'aiuto di molti alleati: lo strano professore "sognatore"; l'amica a cui può dire tutto (e spesso anche  troppo), Silvia; il compagno di banco Niko. Fra gli alti e bassi della malattia di Beatrice e dei rapporti di Leo con genitori e d amici, il giovane imparerà a dare forma ai propri sogni (o almeno a provarci) ed a combattere, letteralmente a prendere a pugni, la tendenza a cedere alla rabbia e all'apatia che gli impediscono di crescere.


Il protagonista assoluto è Leo, impersonato da un Filippo Scicchitano (Scialla!) che mi lascia il sospetto di essere soprattutto se stesso, più che il suo personaggio. Per la vicinanza d'età può permetterselo, ma prima di promuoverlo lo aspetto nelle prossime prove. L'attrice francese Gaia Weiss è Beatrice, è molto bella ma il percorso del suo personaggio non viene per nulla approfondito, resta un po' troppo bambolina triste . Le prove più convincenti arrivano dai non protagonisti: Aurora Ruffino si rivela attrice di grande sensibilità, oltre che essere per una volta tanto una migliore-amica non sfigata nè bruttina (anzi, nella scena in cui scrive la soluzione per Leo durante il compito in classe rivela gambe piuttosto belle); Romolo Guerreri è fra i giovani  l'attore con più esperienza e si vede, molto bravo e convincente nel ruolo di Niko.
Luca Argentero è il prof Sognatore: il professore che tutti vorremmo aver avuto, e tira anche di boxe! Il personaggio avrebbe meritato più spazio, anche il dialogo che riesce a iniziare con Leo resta troppo sullo sfondo. Flavio Insinna e Cecilia Dazzi sono i genitori di Leo: bravi tutti e due a dare una sfumatura umoristica ma non comica ai loro personaggi.

Il momento in cui in Italia gli attori impareranno a recitare senza accento dovrà essere celebrato con una giornata di festa nazionale. Il punto non è se in un film girato a Torino ha senso o meno che il protagonista abbia accento romano (se è per quello qua e là si colgono delle impressionanti cadenze piemontesi), il punto è che quando non è rilevante per la storia l'accento regionale non dovrebbe esserci, e basta. 


Una storia d'amore, ma soprattutto un romanzo di formazione. Il film è stato paragonato a quelli tratti dai libri di Moccia; mi si perdoni l'irriverenza ma dal punto di vista del contenuto è come paragonare un romanzo harmony ad Anna Karenina. Si parla di giovani con un linguaggio giovanile, questo sì. La rappresentazione dell'età adolescenziale con le sue estremizzazioni, le sue semplificazioni, ma anche con le opportunità ancora tutte aperte l'ho trovata efficace. Belle le scene all'interno della scuola, in particolare quella con il pavimento di colla (chi fra i maschietti non si è mai sentito così alzi la mano!) e quella con i ragazzi del quarto anno che vessano i loro compagni un po' più piccoli (quanti ricordi!).
La vista sui tetti con la Mole Antonelliana sullo sfondo è qualcosa che chi non conosce la mia città dovrebbe vedere almeno una volta nella vita (un po' di sano campanilismo...)


Film per tutti, specialmente under 23, e di generale buona fattura, rispetto al fratello di carta la pellicola perde il confronto: il libro è coraggioso anche perché osa dei contro-stereotipi rispetto agli stilemi correnti del tema giovanile: i ragazzi vogliono crescere, imparare e non fanno i teppisti, gli adulti mediamente non sono degli idioti integrali e guidano la crescita dei propri figli o dei propri allievi senza mettergli troppo i bastoni fra le ruote; la scoperta della letteratura e della forza della parola riveste un ruolo importante, e c'è una riflessione non banale su Dio, la religiosità, il significato del dolore e della scelta.
Il film - al contrario - non è coraggioso per niente: sceglie di intrattenere senza mai rischiare di affrontare né tutti né uno in particolare dei temi più complessi.
Tutto ciò che fa del libro un libro straordinario manca al film che è carino, ben fatto e tutto sommato godibile, ma ordinario.
In modo del tutto paradossale sembra che la sceneggiatura abbia paura di sognare in grande: il coraggio chi non l'ha non se lo può dare, e forse la cinematografia italiana non è ancora matura (o non lo è più?) per imboccare la via più lunga: rispetto al materiale di partenza il rimpianto è quello di aver fatto un opera che si vuole leggera ma risulta superficiale.


2013 - Bianca come il latte rossa come il sangue
Regia: Giacomo Campiotti
Sceneggiatura: Fabio Bonifacci
Fotografia: Fabrizio Lucci



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