In seguito alle critiche pesantemente negative (a dispetto del buon successo commerciale) sull'interpretazione di Lazenby in Al servizio segreto di Sua Maestà, la EON di Saltzman e Broccoli operò per il successivo capitolo Una cascata di diamanti una decisa marcia indietro. Venne vagliata l'ipotesi (affascinante ed esotica, a mio giudizio) di ingaggiare John Gavin (un ottimo palmarés: A time to love and a time to die, Imitation of life, Psyco, Spartacus), ma alla fine si preferì dare un sacco di soldi a Sean Connery perchè tornasse un'ultima volta ad interpretare 007.
Poi ci fu il problema sceneggiatura: il seguito logico di Al servizio segreto di Sua Maestà è Si vive solo due volte, ma l'omicidio della moglie di Bond non poteva neppure restare impunito. Si optò, come sempre, per il fregarsene. Una cascata di diamanti non è un sequel diretto del capitolo precedente, ma comunque la saga di Blofeld trova una conclusione, con tanti saluti al rispetto delle storie originali di Fleming.
Il film ebbe un successo strepitoso, ai miei occhi (solo per i miei occhi?) però è anche una operazione industriale che dimostra la chiarezza di vedute della EON: un erase & rewind ripartendo tenendo presente un modello già collaudato come Goldfinger; azione, location USA e una certa dose di humour. Non a caso alla regia venne richiamato lo stesso Guy Hamilton di Goldfinger; Peter Hunt - invece - cessa ogni collaborazione con la factory di Broccoli dopo Quatro film da montatore o aiuto regista e la direzione di Al servizio segreto di Sua Maestà.
Jill St. John - Tiffany Case |
La propensione all'ironia e al british humour di Hamilton si evidenzia in scene al limite del grottesco come la fuga sui moto-tricicli da spiaggia o quando Bond per non farsi notare da un avversario finge un bacio appassionato voltandosi verso il muro e abbracciandosi da solo, come Ralph Malph nella sigla di Happy Days!
Ripensando ai capitoli precedenti sembra quasi che all'alzarsi del livello di rischio la produzione desse meno enfasi a gadgets eclatanti per la dotazione di Bond: in questo capitolo vediamo "solo" delle impronte digitali fasulle su una pellicola da applicare sui polpastrelli e una calamita usata da Q per sbancare le slot machines di Las Vegas.
La Aston Martin DBS, sostituta della mitica DB5, compare in una fugace ripresa in cui si intuisce che la sezione Q la sta potenziando, mentre a Las Vegas Bond sfugge a bordo di una Ford Mustang ad un inseguimento della polizia che a tratti ricorda molto quello di The Blues Brothers.
Lana Wood - Petty (Plenty) O' Toole |
L'attore che interpreta Blofeld (a proposito l'idea dei sosia utilizzati per confondere le idee agli avversari non vi ricorda la vicenda di Saddam Hussein?), Charles Gray, era già comparso in Si vive solo due volte nel ruolo del contatto americano di Bond in Giappone, Dikko Henderson.
E' un vero peccato che nella versione finale sia stato tagliato un cameo di Sammy Davis Jr. nel ruolo di un giocatore al casinò di Las Vegas.
Le Bond girls non sono particolarmente memorabili, se non per i soliti incredibili nomi. Il ruolo principale è quello di Tiffany Case, interpretata da Jill St. John, attrice prevalentemente televisiva, oltre che protagonista di alcune campagne della Coppertone negli anni 60. Nei primi anni 80 la si poteva ammirare in numerose puntata di Love Boat, Fantasilandia e anche Magnum P.I. Donna molto bella, come Bond girl non si capisce se le manca un po' di personalità o se è una caratteristica del personaggio.
Personalità che invece prorompe di nome e di fatto dal decolleté di Lana Wood nel ruolo di Plenty O' Toole, una acchiappagonzi del casinò di Las Vegas che viene eliminata quasi subito in modo piuttosto brutale. Nella versione italiana il nome venne ritenuto non sufficientemente evocativo ed il personaggio venne così ribattezzato "Petty", tanto per non lasciare spazio all'immaginazione.
Un Connery poco convinto... |
Maurice Binder continua con le variazioni su tema nei titoli di testa, con il solito gioco di contrasti fra nero e colore supersaturo, qui con l'aggiunta di riflessi di diamante. La canzone, Diamonds are forever, è perfettamente all'interno della "regola" Bond: titolo e ritornello che richiamano il titolo del film, a cantare viene chiamata per la seconda volta miss Shirley Bassey (guarda un po' la stessa di Goldfinger). Nell'edizione italiana del film viene inserita una versione - sempre della Bassey - con parole in italiano che merita l'ascolto.
Il film riscosse un grande successo di pubblico, placando le ire dei critici, la missione di restaurazione dello status quo compiuta dalla EON si concluse quindi anche troppo bene.
Girato la boa degli anni 70, i tempi erano ormai cambiati e probabilmente anche 007 doveva comunque cambiare per restare fedele a se stesso. Sean Connery all'uscita del film pronunciò la fatidica frase "never again", aprendo di fatto la lotta per luna complicata successione. Questa storia ed il suo esito le potrete però leggere nel prossimo capitolo, per oggi mi fermo qui!
1971 - Diamonds Are Forever (Una cascata di diamanti)
Regia: Guy Hamilton
Scenografia: Ken Adam
Costumi: Don Feld
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