The Artist fva addirittura oltre, ripartendo più o meno dal principio, cioè dal cinema muto. Gli spettatori meno cinefili non si lascino ingannare, questo film si può riassumere in una sola parola: bello!
L'operazione pare una via di mezzo fra la scommessa (vinta) fra amici e una produzione hollywoodiana dei tempi d'oro.
La pellicola del quarantenne regista francese Michel Hazanavicius, quasi si trattasse di un falso d'autore, riprende il linguaggio e le tecniche dei grandi classici del muto, togliendo da questo genere la polvere di svariati decenni. Ma interrompiamo le lodi e parliamo del film.
La trama segue le carriere parallele e divergenti di due personaggi, George Valentin, stella del cinema muto, e Peppy Miller, ragazza che con l'approssimarsi del sonoro passa da comparsa a stella di prima grandezza. Alla caduta del primo si contrappone l'ascesa della seconda. Tuttavia anche se l'intesa fra i due è evidente fin dal primo, fortuito, incontro nel corso del film l'amore vero e proprio fatica a sbocciare. Solo l'intuizione finale ci rivelerà che muto e sonoro non sono antitetici, ma parti integranti di una stessa meraviglia: il cinema!
Il bello del film muto rispetto al sonoro è nella universalità del linguaggio, la recitazione, che consente allo spettatore di concentrarsi sull'immagine anzichè sui dialoghi. L'ora e mezza abbondante del film passa senza fatica; l'evoluzione della trama e le trovate di sceneggiatura si susseguono a ritmo veloce e non fanno rimpiangere l'assenza dei dialoghi (a proposito, ma non sarà meglio un film muto di uno con battute banali o inconsistenti? Noi condividiamo l'opinione dei Depeche Mode in merito alla questione)
Gli attori principali sono Jean Dujardin, interprete della versione francese della sitcom Love Bugs, che alla prima interpretazione di respiro internazionale si è portato a casa (per ora, ma le nomination son) la palma d'oro di Cannes come miglior interprete; di scarsa esperienza internazionale è anche Bérénice Bejo, brava e bellissima moglie di Hazanavicius.
I comprimari sono selezionati fra i migliori professionisti di Hollywood, e sembrano apprezzare molto la possibilità di fare qualcosa di diverso dal solito. John Goodman (un mito qui all'altezza del suo curriculum, di cui ricordiamo Arizona Junior, Big Easy - Brivido seducente, Seduzione pericolosa, I Flintostones, Il grande Lebowski) è il tipico grasso produttore Hollywoodiano inseparabile dal suo sigaro, cinico ma non troppo. Penelope-Ann Miller (Il boss e la matricola, Carlito's way, Relic) è la moglie trascurata di George. I fidati autisti di George e Peppy sono due "facce da duro", rispettivamente James Cromwell (Invito a cena con delitto, i due film di Babe mailino coraggioso, il cattivo capitano di L.A.Confidential, La figlia del generale, Il miglio verde, W di Oliver Stone) ed Ed Lauter (Quella sporca ultima meta, King Kong - quello del 76 - Cujo, il sottovalutato Rocketeer, Codice Magnum).
James Cromwell, chauffeur fedele anche nella sventura |
Nel corso del film vengono utilizzati alcuni espedienti visuali per sottolineare i diversi momenti e stati d'animo; ad esempio l'uso del contrasto, molto netto nelle sequenze iniziali che descrivono il momento dell'apice del successo di George, per farsi più grigio, quasi polveroso, nelle scene dedicate alla caduta e crisi. Le immagini tornano ad essere brillanti nella catarsi finale.
Bérénice Bejo è vestita benissimo sexy ed elegante, da Mark Bridges (costumista in vari blockbuster: Boogie Nights, Magnolia, Blow, The Italian Job, Be Cool, più di recente il bel The Fighter). Il cappottino con la pellicia lunga nera è un capo come (purtroppo!) non se ne fanno più, i cappelli a cloche sono deliziosi e gli inserti in pelliccia sono splendidi (a onor del vero su questo blog preferiamo che le pellicce restino attaccate ai legittimi proprietari).
Il nocciolo della questione a nostro avviso non sta tanto nel dilemma "muto o sonoro", non si può sostenere (e credo nessuno lo faccia) che sarebbe meglio tornare indietro alle tecniche di settanta(!) anni fa. Il cinema, da sempre, è alffiere dell'innovazione. Ma altrettanto sciocco - e non parliamo solo di film - sarebbe lasciare per strada una certa idea di come vanno fatte le cose, con passione e sapienza.
The Artist è un film divertente, che pur senza parlare ci sa raccontare di ascesa, caduta, amore, dedizione, riscatto. Il tutto sempre con un sorriso sulle labbra e un tocco di ironia.
Al bando dunque le idee preconcette e diamo il giusto riconoscimento un progetto coraggioso e ben realizzato!
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