C'è qualcosa di ognuno di noi in Johnny Marco, l'immaginaria star di Hollywood in Somewhere di Sofia Coppola, ma ci torneremo su fra poco.
La figlia d'arte e di fatto di Francis Ford Coppola (qui in veste di produttore esecutivo) non sbaglia un colpo e ci regala un altro film memorabile dopo Il giardino delle vergini suicide, Lost in translation e Marie Antoinette. Lo sguardo di Sofia sa cogliere il surreale come pochi altri ed ha la rara dote di un'ironia feroce, senza tuttavia giudicare i propri personaggi. In questo film parla di ciò che probabilmente conosce meglio: il mondo dello showbiz e il rapporto padre - figlia nell'ambiente dello spettacolo; indubbiamente alcuni spunti sono autobiografici, ma riesce comunque a mantenere il dovuto distacco.
La storia infatti ci racconta di Johnny (Stephen Dorff, visto in Blade, e più di recente in Nemico Pubblico con Johnny Depp), celeberrimo attore che passa le proprie giornate al Chateau Marmont (scelta ovviamente non casuale, servirebbero un paio di pagine solo per l'elenco di attori e rockstar che vi hanno soggiornato) fra eccessi di alcol, medicinali e sesso. Ma Johnny non sa più divertirsi, pare quasi aver perso la memoria del perchè si trovi lì e passa da una situazione assurda all'altra, dal letto di una coppia di spogliarelliste gemelle ad una surreale conferenza stampa con l'identica espressione di indifferenza, straniero a se stesso ed al mondo in cui vive.
La Coppola fortunatamente non si perde in moralismi (e si che la giustizia sommaria sarebbe semplice: ha tutto, è giovane, ricco, famoso, desiderato), va anzi dritta al punto: Johnny, banalmente, si limita a vivere la vita che gli è toccata in sorte - non ha nemmeno studiato recitazione - senza sapere bene come fare a uscirne, sembra anzi aver perso la mappa: non sa più dove si trova nè dove vuole andare. A scuotere il suo torpore arriva la figlia preadolescente Cleo (Elle Fanning, sorella minore della più famosa Dakota) che resterà a vivere con lui per alcune settimane dandogli l'occasione che stava aspettando.
Scene memorabili:
L'esibizione delle spogliarelliste gemelle con Johnny che si addormenta, surreale e tristissima!
Tutta la sequenza italiana della consegna dei telegatti, verosimile in modo imbarazzante, con ballerine sculettanti e seminude (la coreografia è molto simile allo strip tease delle gemelle, non ho capito se fosse voluto o meno, ma è inquietante).
Infine la scena del ritorno al Chateau Marmont dopo la trasferta italiana, con Cleo che si addormenta con la testa abbandonata sulla spalla del padre.
Ci è piaciuta moltissimo la tecnica dell'inquadratura fissa con i personaggi che entrano ed escono dal campo, come se al di fuori dello spazio previsto per loro non esistessero neppure, d'altronde allo spettatore non interessa la persona dell'attore, ma solo il personaggio che lo star system ha confezionato per lui.
Il cast: Stephen Dorff, molto in forma, interpreta con misura un Johnny perso ma non perduto. Indossa in continuazione camicie a quadri sulla maglia della salute o t-shirt di band rock (tipo quella dei Black Flag, gruppo cult degli anni '90).
Elle Fanning, ci è piaciuta molto. Una Cleo undicenne ma cresciuta più della sua età; in effetti quasi nessuno la tratta come una bambina. Belli i costumi, che la fanno sembrare un po' più grande della sua età, scelta di regia o più semplicemente è nello spirito dei tempi il vestire le bambine in modo vagamente lolitesco? Molto elegante nel vestito indossato per la cerimonia di consegna del telegatto.
Tutti i personaggi italiani, anche le comparse, sono vestiti realisticamente "da italiani", in modo molto diverso dai personaggi americani.
La sequenza della trasferta in Italia ci regala alcuni personaggi di casa nostra che, per quanto minori rispetto alla trama, non possiamo esimerci dal commentare.
Laura Chiatti interpreta un flirt italiano di Johnny, ancheggia da par suo su tacchi 12, sempre bellissima.
Simona Ventura, Nino Frassica e Valeria Marini consegnano i telegatti. La Coppola sostiene che la scena sia la ricostruzione di una situazione realmente vissuta, poco importa: dall'estero ci vedono così e non ce ne stupiamo. I tre interpretano se stessi, nel film sono simbolo della volgarità imperante e fanno una magnifica contrapposizione all'eleganza di Cleo, in prima fila ad applaudire il padre. Neppure noi indulgiamo al moralismo: al film servono così. A noi, meno!
Non è una storia senza speranza quella di Somewhere. Da qualche parte, in questo grande mondo, tutti viviamo un quotidiano surreale ed alienante, ma a ben vedere basta poco per ritrovare affetti, radici e speranza. Johnny ci prova, lascia il luogo dell'apatia, lascia le false sicurezze e lascia anche la sua Ferrari, non gli serve più. Non gli serve più nulla: ci sono solo lui, una piana sterminata e la strada. Finalmente può sorridere: per lui (ma non è forse così per tutti?) c'è un orizzonte sconfinato da raggiungere, laggiù, somewhere...
Buon viaggio a tutti!
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